martedì 21 dicembre 2010

Servire negare mutare

Dal sito www.uniriot.org

Bologna - Riprendiamoci il presente, costruiamo il nostro futuro


Cercare i nostri eguali osare riconoscerli
lasciare che ci giudichino guidarli esser guidati
con loro volere il bene fare con loro il male
...e il bene la realtà servire negare mutare.

Quello che vedremo al senato, la settimana prossima, sarà quello che abbiamo visto tante volte negli ultimi anni: un parlamento ormai irrimediabilmente separato dal paese reale, che si beffa di una società intera.
Molto probabilmente Mercoledi 22 Dicembre la riforma Gelmini passerà, sarà oggetto di accordi e compravendite che non tengono conto delle critiche che da mesi studenti e ricercatori portano avanti con ogni mezzo. In Senato il governo ha una maggioranza schiacciante, ma noi che stiamo fuori dall'aula abbiamo la voglia, la capacità, la rabbia e soprattutto l'intelligenza per sperimentare nuovi modi di fare democrazia. L'istituzione parlamentare è ormai una nave in bottiglia, senza mare e senza onde, protetta dal vetro sottile che la circonda.
Oltre quel vetro di quella bottiglia c'è tutto il resto. Un mondo variegato, composito, non ricostruibile in qualche articolo o servizio televisivo. Pensiamo, solo per fare un esempio, al mondo della cultura e della formazione. Persone differenti, che mai si erano parlate prima, si stanno muovendo in maniera diversa, senza trovare un unico punto su cui convergere, senza trovare un nome che racchiuda tutto ciò che si muove. Se non possiamo dare un nome a questo movimento, possiamo però leggerne le passioni, le intensità, le differenze e le tante domande a partire dalle quali reinventare la politica. C'è la rabbia di chi non viene mai ascoltato, di chi in questi mesi tenta ogni strategia comunicativa e politica per far valere le proprie ragioni, ma sente la sua voce bloccata da istituzioni chiuse a riccio su sè stesse.
E c'è l'amore per quello che si fa ogni giorno, nonostante i ricatti, la mancanza di futuro, la precarietà imposta. L'amore di chi continua a mettersi in gioco, di chi continua a costruire, perché è quello che vuole fare, perché è ciò in cui crede.
A lungo sentiremo ancora parlare del 14 dicembre come momento in cui tutto è venuto a convergere, come apice, come D-Day irripetibile, evento epocale. Si tratta ora di ricominciare a camminare, di concepire l' evento come salto in grado di riaprire un futuro a partire dagli slanci che hanno contribuito a produrlo: le proteste dei ricercatori di settembre, le piazze piene di studenti medi a ottobre,gli studenti universitari sui tetti nel mese di novembre, le strade, le stazioni e i monumenti occupati.
Siamo convinti che questo sia il momento di parlarsi, di riconoscersi, di costruire un'agenda politica comune in grado di creare spazi di partecipazione pubblica a partire dal prossimo Gennaio. Non solo è il momento di parlare tra noi, ma di parlare alla società intera: il terreno della crisi infatti è utilizzato dal nostro governo e dai poteri forti di questo paese per attaccare i diritti di tutti e tutte, per moltiplicare i ricatti, per aggredire il diritto di sciopero, per ridefinire i rapporti sociali sui posti di lavoro quanto nella società.
Per farlo abbiamo pensato a un'assemblea in un luogo centrale della città, la piazza all'interno della biblioteca Sala Borsa. Invitiamo non solo gli studenti medi, i docenti, i precari dell'università e i ricercatori, ma anche tutta la cittadinanza, i comitati per i beni comuni, i bibliotecari in lotta, gli insegnanti precari, a fare un primo passo verso il 2011. Per riprenderci tutti insieme il presente e costruire giorno per giorno il nostro futuro.

Mercoledì 22 Dicembre, ore 16 assemblea in Sala Borsa.

Studenti e precari

In piazza!

Dal sito www.uniriot.org

Centomila in piazza, rivolta contro il governo! Comunicato dalla Sapienza in mobilitazione

Quella del 14 dicembre è stata una giornata che ha segnato un dato di partecipazione fuori dall'ordinario. Oltre centomila tra studenti universitari e medi hanno manifestato con forza e determinazione per le strade di Roma bloccando ancora una volta la mobilità e riempiendo le strade con la loro indignazione verso l'operato del governo. Sfiducia dal basso per il governo, si era detto, e sfiducia dal basso per il governo è stata, nel momento in cui tutta la pluralità di soggetti che hanno animato e costruito la resistenza nei confronti di un governo incapace, hanno sfilato per le vie di Roma assediando tutti assieme i luoghi decisionali del paese.


Due elementi sono emersi ieri nella città di Roma. Il primo è una democrazia viva, incarnata nei desideri e nei bisogni di una intera generazione, che costruisce ogni giorno il proprio diritto al futuro e ad una formazione di qualità, che vive sulla propria pelle le conseguenze della precarietà del lavoro e della vita. Una generazione che ha deciso di non accettare divieti nella giornata di martedì, e che ha cercato di raggiungere il Senato della Repubblica, per esprimere

con forza il proprio dissenso. L'altro elemento è quello di un governo oramai in trincea, separato dal paese reale, ostaggio della propria corruzione e del proprio decadimento, espressione di una compravendita di voti impensabile in un paese europeo.

Proprio la notizia della fiducia alla Camera ha provocato un'esplosione di rabbia senza precedenti in Piazza del Popolo. Una rabbia che si è espressa collettivamente nei confronti di un governo che ha deliberatamente scelto di ignorare un'intera generazione in lotta da anni. La rabbia e la determinazione esplose nel pomeriggio sono la diretta conseguenza dell'atteggiamento del governo, che ha deciso di passare sopra ogni istanza e spinta proveniente dai movimenti studenteschi, come da quelli dei lavoratori, dei comitati di Terzigno e

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dell'Aquila e di tutte le componenti sociali in piazza il 14 dicembre, comprandosi letteralmente la possibilità di continuare a governare questo paese.

Per questo ci teniamo a sottolineare che non ci appartengono vecchie etichette proprie di movimenti passati: black block, estremisti, violenti, sono termini che non ci appartengono. Ci appartiene invece l'indignazione e l'esplosione di una rabbia sociale diffusa, l'ansia per il futuro e la voglia di continuare a costruirlo giorno dopo giorno. Proprio per questo esprimiamo tutta la nostra solidarietà agli studenti e alle studentesse arrestati, perché la voglia di futuro non si può arrestare né rinchiudere in una gabbia.

Nelle prossime settimane torneremo a far sentire la nostra voce, contro il d.d.l. Gelmini e contro questo governo, costruendo assieme agli altri movimenti la possibilità concreta di una trasformazione reale.


SAPIENZA IN MOBILITAZIONE

Avanti popolo!

Dal sito www.uniriot.org

Il 14 dicembre può succedere sempre! Editoriale Uniriot




Ci spiace per voi. Ci spiace per tutti quelli che non c'erano. Per tutti quelli che non hanno voluto esserci e per tutti quelli che non hanno potuto esserci. E ci spiace anche per tutti quelli che nei giorni successivi alla battaglia di piazza del Popolo hanno giudicato, accusato, denigrato quella splendida piazza che il 14 dicembre ha portato un nuovo vento di dignità nel paese.

Ci spiace perché sentiamo troppe parole proferite da chi non c'era e da chi non c'è mai stato. Ci spiace per tutti voi, perchè ancora una volta non avete voluto capire niente. Ci spiace certo, ma non ci stupisce e tutto sommato ci consegna un'altra prova di quanto questo movimento faccia paura a tutti quelli che sentono di non riuscire più a governare con le bugie questa splendida nuova generazione.



Non ci stupisce perché in questi mesi abbiamo già affrontato e respinto con forza ogni tentativo di cavalcare questo movimento per esigenze di palazzo. Noi c'eravamo dentro le facoltà occupate quando migliaia di studenti, alle immagini dell'unico tetto in Italia in cui avrebbero potuto farlo, quello mediatizzato di Architettura a Roma, hanno fischiato e insultato Bersani e i finiani allo stesso modo, con la stessa indignazione. Noi c'eravamo quando nelle assemblee condividevamo la certezza che la responsabilità di aver distrutto la nostra università, di averci sottratto il futuro, di aver svenduto il nostro mondo al profitto è di un'intera classe politica e intellettuale senza dignità e senza scrupoli. Noi c'eravamo anche quando nelle assemblee , in massa, decidevamo fosse legittimo tutelarsi e difendersi con il book block dagli attacchi violenti del governo che attraverso le questure tentava invano di arginare un dissenso ormai generalizzato. C'eravamo anche quando le assemblee decidevano collettivamente di rompere i divieti e praticare i blocchi delle città, e quando questo veniva assunto come obbiettivo anche di fronte alle provocazioni del governo e della polizia.

Ed è con questa nuova grande consapevolezza di essere potenza, che il 14 dicembre, come momento di incontro e di contaminazione con tutti gli studenti e tutti gli altri movimenti che in questi mesi hanno finalmente rivoluzionato il dibattito politico del nostro paese, riportandolo fuori dai palazzi, nelle strade, nelle università e nei luoghi di lavoro, é stato accolto dai movimenti come una grande occasione per dimostrare a tutti, proprio tutti, che questo nuovo soggetto non è più sottomesso, non è più in silenzio.
In tutte le città si è scatenato l'inferno. I pullman non bastavano mai. Ogni ora se ne aggiungeva uno. Tutti volevano esserci, tutti volevano essere protagonisti del proprio presente, nonostante le intimidazioni e le minacce che governo e media hanno messo in scena nei giorni precedenti. Ed è così che allo scoccare delle mezzanotte, da Padova 12 pullman autorganizzati e autogestiti sono partiti con la consapevolezza di andare a fare la storia. “Que se vayan todos” si cantava nel viaggio, quel giorno gli unici protagonisti saremo stati noi e la nostra rabbia.

Alle dieci il corteo parte dalla Sapienza, dove già tutti sapevano che l'accesso a Montecitorio era impedito dalla costruzione di un fortino protetto da migliaia di poliziotti e mezzi blindati. Nessuna sorpresa, il governo ha paura e i palazzi sono sempre più distanti dalla vita reale. Ed è da qui che il racconto da chi era nel corteo si allontana anni luce da chi invece cerca di leggere quello che succede dal di fuori, con l'atteggiamento di chi sa tutto, di chi ci spiega come si devono fare le cose anche se le cose non le ha mai fatte.
Da quel momento, un intero corteo ha deciso di rompere gli indugi e di urlare al mondo intero che ci siamo di nuovo, che non abbiamo nessuna intenzione di abbandonare il sogno di trasformazione che in questi mesi abbiamo costruito collettivamente. Con il book block in testa, abbiamo cercato di riconquistarci il diritto ad arrivare in piazza Montecitorio, sotto il luogo in cui si stava decidendo del nostro futuro. Un primo tentativo dimostra da subito quale sarebbe stato l'atteggiamento del governo verso chi manifestava il dissenso. Cariche fermi e lacrimogeni. Avanti, si continua. Ed è in quel momento che nel corteo arriva la notizia della fiducia comprata miseramente.
Già da quei primi momenti si percepiva che qualcosa di nuovo e importante stava succedendo in piazza. Nessuno scappava, nessuno era sorpreso, nessuno si è indignato per quell'esplosione di rabbia degna. Ed è così, che il corteo arriva in Piazza del Popolo, dove qualcosa di straordinario si è messo in moto e dove la rabbia è esplosa, sincera e limpida come non mai.

Chi era in piazza quel giorno sa quanto sono false e pretestuose le ipotesi per cui a respingere le violentissime cariche della polizia che cercava di irrompere in Piazza del Popolo sia stata una sparuta minoranza. Il corteo è rimasto li, complice e solidale con gli studenti e i compagni che difendevano la libertà di esprimere il dissenso in quella piazza tanto eterogenea quanto unita e compatta.

Tra le fiamme delle barricate e con gli occhi già distrutti dalle centinaia di lacrimogeni lanciati nel vano tentativo di disperdere il corteo, la rabbia si trasformava in gioia, in quel sentimento immenso che è esploso nel cuore di chi percepiva di essere protagonista di un momento unico, di un nuovo inizio dal quale non si poteva più tornare indietro.
Questo è quello che è stato per noi piazza del Popolo. Per noi studenti, per noi precari, per noi che desideriamo e produciamo, per noi che in tantissimi abbiamo invaso Roma.

Il resto lo lasciamo ai tristi governanti e ai nuovi profeti. Lasciamo a loro i vuoti moralismi sul volto coperto o meno. Lasciamo a loro i paragoni con la storia passata del nostro paese, noi all'orizzonte scorgiamo il futuro insieme agli studenti inglesi, spagnoli, francesi, greci e irlandesi. Lasciamo a loro anche intrighi e svendite di palazzo, noi rimaniamo nelle strade e nelle piazze con gli operai, i migranti, i movimenti per i beni comuni, per costruire insieme un altro mondo.

Signori, non abbiamo più bisogno di voi, il 14 dicembre può succedere sempre.

Davide – Reality Shock Padova

sabato 18 dicembre 2010

Anni di piombo? Ma fammi il piacere!

Dal Fatto di oggi...

IL PIOMBO È SOLO NELLE ORECCHIE DI CHI NON ASCOLTA
Spinelli: “Non sono gli anni ‘70, questi ragazzi lasciati fuori dalla politica”

di Silvia Truzzi

Anni di piombo è diventato un tormentone: inutile, e al tempo stesso banale e provocatorio. Ma il metallo sembra essere nelle orecchie di chi non sa ascoltare: parola di Barbara Spinelli. Giovedì ad Annozero Santoro ha detto ai politici in studio: noi domandiamo ai ragazzi se si vogliono dissociare dagli episodi di violenza, ma se loro non ci rispondono quello che vogliamo sentirci dire – come poi è accaduto – dobbiamo essere in grado di parlare con loro. D’accordo? Completamente. È più che legittimo chiedere ai giovani di riflettere suoi pericoli che i gesti violenti possono ingenerare. Ma la questione qui non è il dissociarsi dei ragazzi, ma il dissociarsi dei politici da una discussione su una manifestazione di cittadini.
Bisogna dare uno spazio di dialogo: i giovani che erano in piazza non hanno compiuto un attentato, non sono gente con il sangue nelle mani. La Russa ha dato dei vigliacchi ai ragazzi. Se ne voleva andare, ma è rimasto. So che va molto di moda la parola canagliesca, detta d’istinto, ma un ministro non dà queste risposte. Non minaccia d’andarsene, appena uno comincia a parlare. Forse sarebbe meglio se se ne andasse davvero, se non sa fare il suo mestiere. Nel curriculum di ogni terrorista c’è il non riconoscimento delle istituzioni, della politica stessa che è risoluzione dei conflitti tramite ricorso alla parola della ragione. La Russa fa come i terroristi: dice ai ragazzi e implicitamente alla politica: “Io non vi riconosco”. Ma loro sono cittadini. Vuol dire che lo Stato non riconosce gli elettori? Certo, questo Stato si mette fuori, perché è in guerra, tra l’altro non si capisce con chi, e sfrutta le paure della gente. Casini da Santoro ha detto: i poliziotti erano lì per tutelare la culla della democrazia. E uno dei manifestanti ha avuto il coraggio di far osservare come quella culla fosse la bara di una democrazia “mercantile”. I politici che lanciano l’appello a tutelare le istituzioni, le pensano in buona salute. La culla della democrazia parlamentare è vuota. Non dico che quindi bisogna tirare i sassi, ma ha ragione lo studente quando dice che questa non è la democrazia di Pericle. Quella culla è anche un posto da cui si evoca con una certa frequenza il partito dell’odio. Ogni dissenso, anche pacifico, ormai è criminalizzato, oltre che inascoltato. Plutarco scrive che nei paesi asiatici si diceva sempre sì, mentre in Europa, dove c’erano democrazie, si diceva no. Sto con Plutarco. Un luogo comune logoro vuole che la società civile si sia progressivamente staccata dalla politica. In analisi logica, un moto da luogo della società. Non sarà che è la politica ad aver aumentato in maniera abissale la distanza che la separa da ciò che i cittadini chiedono? Sì, è una responsabilità della politica, e se il divario diventa molto profondo vuol dire che la società non ha altri luoghi e modi di manifestare se stessa e i propri disagi diversi dalla piazza. I moti violenti sono pericolosissimi. Ma sono anche un monito che la classe politica deve ascoltare, pena la propria sconfitta. Lo si è visto nella rivolta dei ghetti neri a Los Angeles nel ’92: fu allora che venne coniata una parola nuova: sottoveglianza, cioè l’inverso della sorveglianza denunciata da Foucault. La società cominciava a sorvegliare il potere dal basso verso l’alto, era soggetto e non più solo oggetto d’un controllo. La novità in Italia è che questa sottoveglianza ormai esiste. E la politica deve tenerne conto, sapere che è sotto controllo costante. Quindi la ricetta è una società aperta. Ma quali sono gli spazi di un dialogo finora non possibile? I luoghi cui accedono i politici devono accogliere anche i giovani, gli stessi che avranno come pensione 360 euro al mese. Penso alla tv, per esempio. E poi non ci devono essere restrizioni di manifestazione del pensiero sul web. I politici devono cominciare ad ascoltare, perché non sono di fronte a terroristi. Penso alle dichiarazioni dei giovani nella rivolta delle banlieue parigine. Dicevano in tv: “Noi non riusciamo a parlare”. La domanda è di essere ascoltati, di entrare nell’agorà. Oggi c’è una forma di ghettizzazione: è come se una generazione intera fosse chiamata negra. Quando ho visto l’immagine di quel ragazzo picchiato in piazza del Popolo, l’altro giorno, mi è tornato alla mente il filmino sul pestaggio di Rodney King nel ‘91. Ripreso da persone che stavano lì – e qui torna la sottoveglianza – nel momento in cui la polizia picchiava il giovane nero. La rivolta dei ghetti nacque da lì. Saviano ha scritto: “Gli infiltrati ci sono sempre, da quando il primo operaio ha deciso di sfilare. E da sempre possono avere gioco solo se hanno seguito. È su questo che vorrei dare l'allarme. Non deve mai più accadere. Così inizia la nuova strategia della tensione, che è sempre la stessa: com'è possibile non riconoscerla? Com'è possibile non riconoscerne le premesse, sempre uguali? Quegli incappucciati sono i primi nemici da isolare”. Non sarà un po’ limitata la sua analisi? Come lui condanno la violenza anche perché controproducente rispetto a ciò che si vuole ottenere. È vero anche che un movimento, anche di tipo diverso da quello degli anni di piombo, può essere accompagnato da una strategia della tensione e avere quindi gli stessi risultati. Approvo dunque la messa in guardia di Saviano. Al tempo stesso, la messa in guardia non può essere l’unica premessa, a mio parere, del discorso con questi giovani, perché in loro non c’è un disegno politico di tipo classico. C’è un disegno di chi è relegato fuori in maniera radicale dalla politica e vuole entrarci. Questo è un atto politico di persone che sono fuori dalla gestione pacifica dei conflitti. Si fa il paragone con gli anni di piombo. Ma queste proteste non hanno nulla di ideologico. In piazza c’erano precari senza futuro, terremotati senza case, ricercatori che rischiano di sparire, napoletani sommersi dai rifiuti. Alemanno – uno che a qualche manifestazione non pacifica ha partecipato – ha detto: ”Non dobbiamo tornare agli anni ’70. Tutte le istituzioni facciano muro contro questa azione violenta perché non è più tollerabile”. Sono un po’ stanca di sentire ricordati gli anni 70 e anche della frase “bisogna stare in guardia”. Dire “tutte le istituzioni facciano muro” significa solo che salta la pluralità delle istituzioni. Che tutte devono rispondere al comando di un unico capo. È la logica di un paese in guerra. Fare muro è un giudizio negativo sulla magistratura che ha appena scarcerato i giovani. C’è poi un dato: il rapporto Stato-cittadini. Lo Stato non può chiamarsi fuori perché il rapporto non è paritetico. Le analisi migliori le ho viste nei pezzi di Bonini e Bianconi. In quelle dei politici ho visto solo il desiderio di compiacere quella che loro immaginano sia la maggioranza silenziosa. Non vogliono risolvere i problemi, vogliono solo che la vetrina non sia rotta. Questo non è governare, è la risposta per ottenere una buona reazione da un eventuale sondaggio. Anche quella dei politici che si sottraggono al confronto è violenza. Il direttore del Giornale, Sallusti, ha detto: "Se un uomo a 37 anni non può pagarsi il mutuo è colpa sua: vuol dire che è un fallito". Nemmeno gli avversari del '68 usavano aggettivi simili. Dici a un’intera generazione che è fallita: tanto vale farla fuori. Maggioranza e opposizione, salvo qualche eccezione, sembrano aver dismesso il mandato di rappresentanza dei cittadini. Vero? Vedo anch’io una dismissione del mandato politico. In questi anni c’è stata una svendita: nessuno si occupa dei cittadini. Ogni giorno sentiamo politici appellarsi alla sovranità di un popolo per legittimare il loro agire politico. Ma come si permettono? C’è un enclave di persone che comandano e un muro che le separa dai barbari. Ma i barbari, attenzione, sono gli italiani. Miopia o dolo? L’errore maggiore è non saper prevedere, non ascoltare domande e non dare risposte . L’errore non è fare politiche austere, come dimostrano i casi di Grecia e Irlanda. L’errore è far fare i sacrifici solo a chi è già emarginato. Bisognava riconoscere la crisi, il nostro governo l’ha sempre negata, sostenendo che è un’invenzione dei media. Ma quando si vive nella menzogna, la bolla scoppia. Chi semina miseria senza spiegare perché raccoglie collera. E questo è vero da migliaia di anni.

giovedì 16 dicembre 2010

Il dopo 14 dicembre

Dal sito www.spinoza.it i due post del dopo 14 dicembre. Esilaranti! Grandi ragazzi!


Camera con Visa

Mozione di sfiducia: 314 “No” e 311 “Oh, cazzo”.

(Berlusconi è sceso così in basso che è riuscito a non cadere)

Il governo resiste per tre voti. Ora ci attende una nuova era di benessere.

Berlusconi ottiene la fiducia con 314 voti. Voi invece come spenderete la vostra tredicesima?

(Messaggio a tutte le minorenni: in questi giorni non uscite assolutamente. In qualche modo vorrà sicuramente festeggiare)

Dubbi fino all’ultimo sulle tre deputate partorienti. Ancora non si sa quale dei tre sia l’Anticristo.

Il premier era partito guadagnandosi la fiducia dei senatori. La base di tutte le truffe agli anziani.

(Questo voto di fiducia è stato talmente sconcio che i diplomatici americani riferiranno direttamente a Wikileaks)

Il Pd si presenta al gran completo e vota in modo compatto. Certe volte non li capisco proprio quelli lì.

Berlusconi aveva invitato i finiani a non rompere l’unità dei moderati. Che graziosa metafora!

(Il premier sperava di fare un patto coi moderati. Ma quelli all’inferno ci credono)

Di Pietro prende la parola e Berlusconi lascia l’aula. Voleva che il suo voto rimanesse una sorpresa.

Il premier: “Sono il leader più amato in Europa”. E vattene lì.

L’opposizione: “È una vittoria di Pirro”. Gasparri: “No no, di Berlusconi”.

Rutelli: “La giornata di oggi sancisce la nascita del terzo polo”. Guarda, anche noi l’abbiamo interpretata così.

Dopo il voto Berlusconi va da Napolitano. A versare la caparra.


Golpe piccolo borghese


Roma a ferro e fuoco. Berlusconi ottiene la fiducia, ma per errore lancia lo stesso il piano B.

Emilio Fede: “Roma invasa da criminali ben pagati”. Esagerato, erano solo 314.

(Il cesarismo, il regime fascista, i moti rivoluzionari, il ’68. Con la riforma Gelmini la storia si studia in piazza!)

Decine di macchine incendiate nel centro della città. Erano tutte della Polidori.

“Danni senza precedenti all’immagine della capitale” ha detto Alemanno riassumendo il suo mandato.

Berlusconi: “Il paese non ha bisogno di personalismi. Lasciate fare a me”.

Da Vespa il plastico di Montecitorio. Si potrà analizzare la traiettoria delle mazzette.

Dopo la fiducia, il premier pranza con Napolitano. È bello, nei giorni di festa, sedersi a tavola con la servitù.

“Sono fiero dei miei deputati” ha dichiarato Casini, tastandoseli.

Delusione delle deputate in dolce attesa presenti in aula. Berlusconi per ora non intende reincarnarsi.

Letame a palazzo Grazioli. La maggioranza si ricompatta.

Calderoli: “Il governo mangerà il panettone, ma non la colomba”. E che cazzo l’avete comprata a fare?

“L’unica igiene è il voto” ha detto Bossi, chiedendo con urgenza una scheda.

“Elezioni? Meglio risparmiare quei soldi e darli agli italiani” ha dichiarato Scilipoti, nella sua veste di rappresentante degli italiani.

(Poco prima Scilipoti aveva confessato la sua indecisione a Veltroni. Voleva far colpo su di lui)

Scilipoti: Annozero ha importunato mia madre”. Però anche lei, andare in giro in quel modo.

Gasparri alza il dito medio verso Fini. Se lo era segnato col pennarello.

Bersani: “Non cambia nulla. È questo il problema, fagiano!

venerdì 10 dicembre 2010

I falsi Diari di Mussolini e le Opinioni (pubbliche o private)

Cominciamo da questo brano dell'articolo di Di Pasquale Chessa sul Fatto Quotidiano di ieri.

La Storia non è un’opinione

Nella civiltà dell’opinione di massa, c’è un deficit di illuminismo: la democrazia si è rivelata incapace di escogitare un meccanismo efficace con cui regolare, come con il voto si è trovato il modo di regolare democraticamente la rappresentanza, anche la formazione dell’opinione pubblica. Il mercato dell’opinione infatti non distingue fra buono e cattivo, vero e falso. Fino al punto che la politica trova nella bugia la sua arma migliore. Spetta allora all’informazione cercare di raddrizzare il legno storto della democrazia. Come? Per esempio facendo le domande giuste.

Le parole chiavi sono civiltà dell'opinione di massa e formazione dell’opinione pubblica.

Ma leggiamo ora tutto l'articolo, che forse fa capire una volta di più cosa vuol dire fare giornalismo. Un grazie alla redazione del Fatto!

Dal sito del Fatto:

Dal libro “L'ultima lettera di Benito” di Pasquale Chessa e Barbara Raggi emerge il ritratto di un uomo che ancora s'illudeva di rianimare con il suo carisma il morente fascismo repubblichino: “Hai già saputo che ho sempre girato in piedi sul predellino”, scriveva il dittatore raccontando il suo trionfale ingresso a Milano. Lei invece si lamentava dei loschi figuri che gli piazzavano intorno ragazze a pagamento per spodestarla: “Queste sono donne che la tua segreteria politica, quel gruppo di greppinati fetidi, ti servono per eliminare definitivamente me … Di una marchettara possono servirsene anche loro e manovrarla”. Mussolini è preoccupato: “Allo stato delle cose tutto ciò esce dal campo domestico per entrare in quello politico”. Così la storia di ieri sembra somigliare a quella di oggi. Con ragazze come Myriam che vuole fare l'attrice a Berlino e chiede a Benito di essere raccomandata a Gobbels. E il fratello della Petacci che fa “delle richieste fantastiche”, domandando favori che nemmeno il Duce può esaudire perché “in tutta l'Italia repubblicana non c'è quanto chiesto”

Il nuovo Benito, modello dell’Utri

giovedì 9 dicembre 2010

La partita dell'OGM

Riporto una mail di Greenpeace Italia. Se volete fare delle eventuali donazioni sotto c'è il link.

Ciao,

abbiamo girato l’Europa, partecipato a conferenze, incontrato politici ma soprattutto abbiamo chiesto la vostra partecipazione. Alla fine eccoci al traguardo: insieme ad Avaaz, abbiamo raccolto oltre un milione di firme per chiedere all’Unione europea alimenti sicuri e senza OGM e le abbiamo appena consegnate al commissario alla Salute dell’Ue, John Dalli. Ad accogliere i politici, davanti alla sede della Commissione, un'enorme rappresentazione in 3D di un campo agricolo biologico, realizzata dall'artista di fama mondiale Kurt Wenner.

Non è solo una petizione. Per la prima volta stiamo facendo valere i nostri diritti di cittadini europei. Grazie all’ “iniziativa dei cittadini”, prevista dal Trattato di Lisbona del dicembre 2009, gli europei possono chiedere all’Ue di modificare leggi comunitarie. Noi chiediamo di vietare gli OGM fino a quando verrà istituito un nuovo organo tecnico scientifico, più indipendente e competente dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa).

La petizione è stata lanciata lo scorso marzo in seguito all'approvazione, da parte della Commissione, della patata OGM resistente agli antibiotici, autorizzata nonostante rilevanti dubbi a livello scientifico. Molti Paesi stanno citando la Commissione alla Corte europea di giustizia per questa autorizzazione.

E Galan? Il nostro ministro delle Politiche agricole deve piantarla con l'ostruzionismo verso le Regioni che stanno agendo a tutela della nostra agricoltura e dichiarare ufficialmente l’Italia libera dagli OGM.

Grazie al sostegno di persone come te, continueremo a portare avanti la nostra campagna contro gli OGM! Dona ora!
DONA ORA

Grazie!

Federica Ferrario
Responsabile campagna OGM
Greenpeace Italia

Appello a tutte le scuole e università

Sapienza in mobilitazione: appello a tutte le scuole e le università verso il 14 dicembre



Le straordinarie giornate di mobilitazione delle scorse settimane ci consegnano un dato importante: in tutta Italia migliaia di studenti e ricercatori sono scesi in piazza creando una reale opposizione non solo al Ddl Gelmini, ma a tutte le devastanti politiche economiche e sociali di questo governo. Le nostre mobilitazioni sono state anche e soprattutto una presa di parola da parte di un'intera generazione che ha espresso con forza la volontà di riprendersi il proprio futuro, di rivendicare finanziamenti per l'accesso alla cultura, per le scuole e l'università, nuove forme di welfare per chi le garanzie non ce le ha avute mai.

Occupazioni delle facoltà e delle scuole, dei binari, dei monumenti, blocchi stradali, assedi ai luoghi del potere sono le forme con le quali siamo riusciti in tutte le città a dar vita ad una pratica vera di sciopero generalizzato, a bloccare il paese, a irrompere sulla scena pubblica aprendo una nuova fase: non c'è pacificazione sociale possibile in un paese il cui governo, con violenza ed arroganza, vuole fare pagare la crisi a chi non l'ha creata.

Lo slittamento della votazione in Senato del Ddl Gelmini, determinato dalla forza dei conflitti, rappresenta già di per sé una prima vittoria del movimento.

Per questo la data del 14 dicembre, giorno in cui il Parlamento voterà la fiducia, assume un'importanza ancora più grande. Non solo perché le sorti del Ddl sono ormai legate indissolubilmente al destino di questo governo, ma anche perchè abbiamo dimostrato che l'unica alternativa a queste politiche di gestione della crisi non può darsi se non a partire dalle esperienze di lotta e di democrazia diretta che i movimenti sociali stanno costruendo.

All'attacco portato avanti nei confronti dei diritti dei lavoratori, al razzismo di stato che dilaga in questo paese, ad un governo che devasta l'ambiente e nega un presente ed un futuro degno a milioni di giovani, di studenti e di precari, non possiamo che rispondere costruendo uno spazio comune per le lotte sociali in continuità con la grande manifestazione del 16 ottobre. Le lotte e le mobilitazioni di queste settimane ci dimostrano che il 14 non saranno né gli intrighi di palazzo né le contraddizioni di questa maggioranza a sfiduciare il governo.

Quel giorno in piazza saranno gli studenti delle università e delle scuole di tutta Italia, i movimenti sociali e lgbtq, i sindacati, i migranti e i comitati territoriali contro la devastazione ambientale a mandare a casa il governo.

Da Terzigno a L'Aquila, dagli operai di Pomigliano ai migranti di Brescia, passando per chi lotta contro la privatizzazione dei beni comuni e la difesa del territorio, diremo tutti assieme "Noi non ci fidiamo"!

Una sfida che riguarda tutti e che di non si ferma di certo a quella giornata, ma ci parla della scommessa di un futuro degno da riprenderci e da inventare tutti insieme.
Per questo martedì 14 invitiamo le studentesse e gli studenti di tutti gli atenei e delle scuole alle ore 10 a piazzale Aldo Moro per assediare i palazzi del potere, per ribadire che non avranno mai la nostra fiducia, per riconquistare i nostri diritti, per riprenderci il futuro!


Sapienza in Mobilitazione

Incentivi alla auto-rottamazione

Dal Fatto di oggi...

Romanzo di un giovane vecchio

di Marco Travaglio

Il libro d’oro dei pellegrini in processione alla villa di Arcore si arricchisce di un nuovo, bizzarro visitatore: Matteo Renzi, il giovane sindaco di Firenze che voleva rottamare la vecchia dirigenza del Pd. Giovane si fa per dire: per esserlo, non basta essere nati da poco. In un sol giorno, nel viaggio da casello a casello Firenze-Arcore-Firenze (680 km), è riuscito a invecchiare di 50 anni. E, quando ha cominciato a esternare sul perché e il percome della visita, ne ha presi altri 50. Ora è ultracentenario. “Solo in un paese malato – dice – si può pensare che ci sia qualcosa sotto”. Già. In un paese sano un sindaco del Pd va a baciare la pantofola al nemico pubblico numero uno del suo partito (o almeno dei suoi elettori). Per giunta a pranzo. Per giunta nella sua residenza privata. Per giunta mentre si scopre che quel luogo – oltre a Mangano, Previti, Dell’Utri, Mora, Fede – ha ospitato anche decine di signorine addette al bunga-bunga. Per giunta di nascosto (la notizia è trapelata dall’entourage di B. e solo un furbo molto ingenuo poteva pensare che la notizia restasse top secret, visto il proverbiale riserbo del padrone di casa). Non è dato sapere se ci sia stato il tempo per una fugace visita al mausoleo di Arcore, ma presto il settimanale Chi di Alfonso Signorini pubblicherà il book dell’incontro (ha presente, Renzi, quel vaso di petunie sul comò del Cavaliere? Ecco, era Signorini in uno dei suoi più riusciti travestimenti). Beccato col sorcio, anzi col nano in bocca, il giovane vecchio fa il ganassa e dice che lo rifarebbe “per il bene di Firenze”. Perché – spiega – “mi interessa portare a casa una legge speciale per Firenze da 15 milioni. B. me l’aveva promessa”. L’altro giorno a tavola gliel’ha ripromessa. Ora firmerà pure un Contratto con i Fiorentini, alla presenza di Vespa con tanto di scrivania in ciliegio. Poi dirà che, per colpa di Bin Laden e dell’11 settembre, non se ne fa nulla. Su Facebook, i poveri elettori del Pd che – disperati – speravano in Renzi, lo prendono a male parole. Lui assicura che “mi sto divertendo come un matto a leggere i commenti”. Non lo insospettisce neppure il vedersi difendere dal Giornale, da Libero e financo da Daniele Capezzone, uno che quando ti difende sporgi querela a prescindere perché vuol dire che hai torto marcio (il famoso Capezzone fumante). Un barlume di dubbio, in verità, lo sfiora: “Mi colpiscono certe reazioni avvelenate della gente comune: danno il senso del clima che si respira nel Paese”. Ma è un attimo. Anziché domandarsi il perché di quelle reazioni e di quel clima (magari lo sdegno per un premier che da 16 anni distrugge l’Italia facendosi gli affari suoi e per un’opposizione che non si oppone), il Renzi si risponde: “Viviamo da tre lustri in un derby continuo, ci vorranno anni per ripulire le menti”. E chissà quanto ci vorrà per ripulire la sua da quello che Gaber chiamava “il Berlusconi in me” giudicandolo peggiore del “Berlusconi in sé”: cioè dall’insensibilità ai conflitti d’interessi, al galateo istituzionale, a valori antichi e ormai desueti come la dignità, la sobrietà, la reputazione, il senso dell’opportunità e del limite. Persino il rottamato Bersani, dopo aver detto sciaguratamente “andrei ad Arcore anche a piedi pur di avere una riforma del mercato del lavoro”, fa notare in un lampo di lucidità che un sindaco incontra il premier a Palazzo Chigi, non a villa Bungabunga. Renzi gli risponde con una toppa che è peggio del buco: “Se B. mi invita ad Arcore che devo dirgli: ci vediamo allo svincolo autostradale di Monza?”. Poi peggiora ulteriormente la situazione: “Bastonano me perché parlo con B. e vogliono fare un governo o un’alleanza con Fini”. Dal che si deduce che il presunto avversario delle “ideologie” preferisce la destraccia affaristica del Cainano a quella più presentabile (o meno impresentabile) di Fini. Così chi voleva rottamare il politburo piddino ha regalato ai vecchi marpioni del partito un’arma formidabile per rottamare lui. Il giovane vecchio è anche un furbo fesso.