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sabato 5 febbraio 2011

Avviso a chi pubblica le foto del "vecchio porco"

Dal Fatto di oggi.

Ghedini sotto il letto

di Marco Travaglio

Dicono che B. sia un grande comunicatore. Balle: è solo il padrone dei mezzi di comunicazione. Basta vedere come gestisce gli scandali sessuali che lo inseguono da tre anni, da quando il trapianto di pompetta gli restituì almeno l’illusione del ritorno agli anni verdi. Avrebbe potuto dire, escludendo reati e sfidando i pm a dimostrarli: “La sera, dopo una giornata trascorsa con Bondi, Cicchitto, Capezzone e Bonaiuti, roba che non auguro al mio peggior nemico, mi piace allungare le mani sulle mie amiche consenzienti con un gruppo di vecchi sporcaccioni, poi alcune me le porto a letto e, se fanno le prostitute, le pago”. Il Vaticano avrebbe protestato un paio di minuti, poi sarebbe tornato a cuccia in cambio di qualche milione in più alle scuole private. Mons. Fisichella avrebbe invitato a “contestualizzare il bungabunga”, come del resto le bestemmie. E lui si sarebbe liberato di tutti i ricatti di quell’orda di velociraptor siliconate che ora vanno in giro per le redazioni a offrire foto e video col Papi desnudo. Invece, giurando a reti unificate “mai pagato una donna in vita mia” e “mai frequentato minorenni”, ha trasformato in notizie d’interesse pubblico qualsiasi particolare della sua vita privata.
Comprese le foto. Perché si tratta di stabilire se il capo del governo dice la verità o mente. Se avesse ammesso di essere un “vecchio porco”, come ha scritto l’amico Belpietro, avrebbe trasformato in violazione della privacy (dunque reato) la pubblicazione di qualunque foto o video di bungabunga & affini (salvo quelle che dimostrassero il reato di sesso a pagamento con minorenni). Non l’ha fatto e così ha reso quelle foto pubblicabili in nome del diritto, anzi dovere di cronaca, visto che sembrano sbugiardarlo. Queste cose dovrebbe saperle molto meglio di noi il Garante della Privacy: organismo solitamente sonnacchioso, riprende improvvisamente vita non appena sente le parole “foto” e “Berlusconi”. Infatti ieri ci ha inviato un fax dal titolo: “Diffusione di dati personali relativi all’on. Silvio Berlusconi”. Svolgimento: “Si trasmette l’allegata segnalazione inviata dagli avv. Ghedini e Longo, in nome e per conto dell’on. Berlusconi, al fine di acquisire ogni elemento ritenuto utile alla valutazione del caso segnalato, con particolare riguardo all’articolo ‘Un’asta per le foto’. Si prega di dare riscontro...”. In pratica il Garante fa il postino degli avvocati del premier, che in una letterina di due pagine ci avvertono che B. “ha conferito incarico a questi difensori di procedere in ogni sede a sua tutela per i fatti di cui in premessa”, cioè la notizia delle foto all’asta, perché – tenetevi forte – “foto del Presidente svestito in atteggiamenti intimi con ragazze, laddove effettivamente esistenti, devono ritenersi sicuramente false, frutto di fotomontaggi e/o di manipolazioni”. Se ne deduce che B., quando si spoglia per fare le sue cose, tiene sempre Ghedini e Longo sotto il letto o nel guardaroba a controllare. Il guaio è che poi i due, sul più bello, si abbioccano. Ghedini giurò che la D’Addario non era mai entrata a Palazzo Grazioli e che le registrazioni della sua notte con B. erano false, poi si scoprì che era tutto vero, ma lui s’era assopito. Gli On. Avv. avvertono poi che “chi rivela o diffonde notizie o immagini indebitamente procurate che attengono alla vita privata e si svolgono nei luoghi di abitazione” commette reato. Non sanno forse, né il Garante-postino li informa, che la privacy vien meno davanti al dovere di cronaca sui personaggi pubblici. In ogni caso esprimiamo agli avvocati da spogliatoio la più sentita solidarietà. Così come al Garante, che dovrà presto occuparsi di un’altra drammatica denuncia: quella del membro leghista del Csm Matteo Brigandì, sottoposto a “perquisizione corporale” e financo “spogliato” dalla polizia. Una pratica davvero umiliante e disumana. Passi rischiare la pelle per 1.500 euro al mese, ma vedere Brigandì nudo no: questo, per un poliziotto, è davvero troppo.

venerdì 26 febbraio 2010

Berlusconi è un corruttore, bugiardo, spergiuro

Berlusconi è un corruttore, bugiardo, spergiuro. E da oggi lo si può dire ad alta voce, perché è confermato da una sentenza della Cassazione. Non potrà mai querelare chi glielo rinfaccerà, perché é la verità come ci ricorda D'Avanzo la corruzione è un reato "a concorso necessario": se Mills è corrotto, il presidente del Consiglio è il corruttore. Ed è bugiardo perché aveva giurato sulla testa dei suoi figli di non conoscere Mills e che se ne sarebbe andato dall'Italia se avessero dimostrato il contrario. Vediamo chi ci proverà d'ora in poi a ricordargli che aveva promesso di andarsene?



Da Repubblica.it riporto, causa copyright, solo una parte del commento sul caso Berlusconi-Mills molto pungente di D'Avanzo il resto lo potete leggere QUA.

IL COMMENTO

La prova delle menzogne

di GIUSEPPE D'AVANZO

DAVID MILLS è stato corrotto. È quel che conta anche se la manipolazione delle norme sulla prescrizione, che Berlusconi si è affatturato a partita in corso, lo salva dalla condanna e lo obbliga soltanto a risarcire il danno per il pregiudizio arrecato all'immagine dello Stato. Questa è la sentenza delle Sezioni unite della Cassazione. Per comprenderla bisogna sapere che la corruzione è un reato "a concorso necessario": se Mills è corrotto, il presidente del Consiglio è il corruttore.

Per apprezzare la decisione, si deve ricordare che cosa ha detto, nel corso del tempo, Silvio Berlusconi di David Mills e di All Iberian, l'arcipelago di società off-shore creato dall'avvocato inglese. "Ho dichiarato pubblicamente, nella mia qualità di leader politico responsabile quindi di fronte agli elettori, che di questa All Iberian non conosco neppure l'esistenza. Sfido chiunque a dimostrare il contrario" (Ansa, 23 novembre 1999). "Non conosco David Mills, lo giuro sui miei cinque figli. Se fosse vero, mi ritirerei dalla vita politica, lascerei l'Italia" (Ansa, 20 giugno 2008). Bisogna cominciare dalle parole - e dagli impegni pubblici - del capo del governo per intendere il significato della sentenza della Cassazione.

Perché l'interesse pubblico della decisione non è soltanto nella forma giuridica che qualifica gli atti, ma nei fatti che convalida; nella responsabilità che svela; nell'obbligo che oggi incombe sul presidente del Consiglio, se fosse un uomo che tiene fede alle sue promesse.

Dunque, Berlusconi ha conosciuto Mills e, come il processo ha dimostrato e la Cassazione ha confermato (il fatto sussiste e il reato c'è stato), All Iberian è stata sempre nella sua disponibilità. Sono i due punti fermi e fattuali della sentenza (altro è l'aspetto formale, come si è detto).

[...]

La sentenza conferma non solo che Berlusconi è stato il corruttore di Mills, ma che la sua imprenditorialità, l'efficienza, la mitologia dell'homo faber, l'intero corpo mistico dell'ideologia berlusconiana ha il suo fondamento nel malaffare, nell'illegalità, nel pozzo nero della corruzione della Prima Repubblica, di cui egli è il figlio più longevo.

E' la connessione con il peggiore passato della nostra storia recente che, durante gli interminabili dibattimenti del processo Mills, il capo del governo deve recidere. La radice del suo magnificato talento non può allungarsi in quel fondo fangoso perché, nell'ideologia del premier, è il suo trionfo personale che gli assegna il diritto di governare il Paese. Le sue ricchezze sono la garanzia del patto con gli elettori e dell'infallibilità della sua politica; il canone ineliminabile della "società dell'incanto" che lo beatifica. Per scavare un solco tra sé e il suo passato e farsi alfiere credibile e antipolitico del nuovo, deve allontanare da sé l'ombra di quell'avvocato inglese, il peso di All Iberian. È la scommessa che Berlusconi decide di giocare in pubblico. Così intreccia in un unico nodo il suo futuro di leader politico, responsabile di fronte agli elettori, e il suo passato di imprenditore di successo. Se quel passato risulta opaco perché legato a All Iberian, di cui non conosce l'esistenza, o di David Mills, che non ha mai incontrato, egli è disposto a lasciare la politica e addirittura il Paese. Oggi dovrebbe farlo davvero perché la decisione della Cassazione conferma che ha corrotto Mills (lo conosceva) per nascondere il dominio diretto su quella macchina d'illegalità e abusi che è stata All Iberian (la governava). Il capo del governo non lo farà, naturalmente, aggrappandosi come un naufrago al legno della prescrizione che egli stesso si è approvato. Non lascerà l'Italia, ma l'affliggerà con nuove leggi ad personam (processo breve, legittimo impedimento), utili forse a metterlo al sicuro da una sentenza, ma non dal giudizio degli italiani che da oggi potranno giudicarlo corruttore, bugiardo, spergiuro anche quando fa voto della "testa dei suoi figli".

© Riproduzione riservata (26 febbraio 2010)