Oggi propongo quella che sembra una riflessione, da parte di Scalfari, ma che in verità è solo uno sfogo. È ormai da lungo tempo che l'attempato fondatore del "fu Repubblica" (il suo giornale sta morendo, perde circa il 15% di lettori all'anno, chissà come mai?) si sfoga con il suo "commento " della domenica e con qualche apparizione sporadica in TV. Si sfoga perché la deriva ci ha portati lontani dal mondo come lo immaginava lui e con lui tutti i "riformisti di sinistra". Si sono dati una bella etichetta quest'ultimi, peccato però che faccia più presa sui "televotanti italiani" la sequenza di parole che dà il nome al partito del Berlusca: "Il Popolo delle Libertà", senti come suona bene! È un messaggio pubblicitario, va diretto al punto, sai cosa compri, è al passo con i tempi moderni del "tutto subito", magari anche precotto. Scalfari è diventato uomo da salotto. Ora può giocare con Baricco a fare l'intellettuale e chiedersi se sia giusto finanziare l'arte del teatro oppure no (http://tv.repubblica.it/ricerca/lo-spettacolo-e-finito/31018?video&keyword=baricco&tgtsrc=pla). Alla sua età può permettersi di filosofeggiare su queste cose, non come deve fare Sergio Escobar, direttore del Piccolo Teatro di Milano, che purtroppo deve fare i conti con le cifre in gioco (vedi video di Repubblica).
Dico questo perché pur avendo avuto in passato molta stima di lui e pur riconoscendo che su alcuni argomenti ha una visione dall'alto, a tutto campo, e su questi temi sa argomentare in modo lucido e razionale, ora ha purtroppo perso verve. Si è arroccato nel suo sistema fatto di PD, che citando Veltroni sarebbe "il recinto razionale riformista", e di finanziamenti pubblici al suo giornale. Sì, un PD che conta personaggi della levatura di La Torre, D'Alema, Fassino, Carra...tutta gente che non si è nemmeno degnata di votare l'espulsione di un presunto esponente della Camorra dal parlamento. Presunto perché 6 pentiti lo hanno accusato di affiancare il Clan dei Casalesi. Le accuse sono giunte prima che Cosentino entrasse in parlamento come tradizione vuole ovviamente: in Italia se si hanno delle denuncie, o dei reati ancora meglio, veramente gravi allora si è dei buoni candidati per un parlamento: italiano o europeo. Leggete QUA quanti del PD non han votato contro Cosentino pur essendo in aula quel giorno. Tutti questi signori saranno per Scalfari sicuramente molto meglio di Beppe Grillo, che sbraita all'etere le sue invettive. Grillo l'arcitaliano, il peggio del peggio. Peggio di Mussolini, di Berlusconi e di Andreotti. Ma Scalfari ha forse dei problemi legati alla senilità? Insomma prima di lasciarvi alle sue parole odierne, ascoltate (o riascoltate) le sue parole recenti:
Dico questo perché pur avendo avuto in passato molta stima di lui e pur riconoscendo che su alcuni argomenti ha una visione dall'alto, a tutto campo, e su questi temi sa argomentare in modo lucido e razionale, ora ha purtroppo perso verve. Si è arroccato nel suo sistema fatto di PD, che citando Veltroni sarebbe "il recinto razionale riformista", e di finanziamenti pubblici al suo giornale. Sì, un PD che conta personaggi della levatura di La Torre, D'Alema, Fassino, Carra...tutta gente che non si è nemmeno degnata di votare l'espulsione di un presunto esponente della Camorra dal parlamento. Presunto perché 6 pentiti lo hanno accusato di affiancare il Clan dei Casalesi. Le accuse sono giunte prima che Cosentino entrasse in parlamento come tradizione vuole ovviamente: in Italia se si hanno delle denuncie, o dei reati ancora meglio, veramente gravi allora si è dei buoni candidati per un parlamento: italiano o europeo. Leggete QUA quanti del PD non han votato contro Cosentino pur essendo in aula quel giorno. Tutti questi signori saranno per Scalfari sicuramente molto meglio di Beppe Grillo, che sbraita all'etere le sue invettive. Grillo l'arcitaliano, il peggio del peggio. Peggio di Mussolini, di Berlusconi e di Andreotti. Ma Scalfari ha forse dei problemi legati alla senilità? Insomma prima di lasciarvi alle sue parole odierne, ascoltate (o riascoltate) le sue parole recenti:
Comunque, citando Voltaire: "Non condivido ciò che dici, ma sarei disposto a dare la vita affinchè tu possa dirlo", vi propongo ciò che dice Scalfari, che sarà un'ovvietà, ma nessuno si è mai permesso di dirla. E forse sarebbe il momento di dare una scossa ad una parte del "tele elettorato italiano".
Chi canta fuori dal coro è comunista
di EUGENIO SCALFARI
Non si può non cominciare con le nomine alla Rai. Gli altri giornali minimizzano con l'aria di dire che si è sempre fatto così: la Rai è proprietà del governo e quindi è il governo che ha il potere di decidere trasmettendo le sue indicazioni all'obbediente maggioranza del Consiglio d'amministrazione.
E' vero, sostanzialmente è sempre stato così ma con qualche differenza di non poco conto. La prima differenza è questa: nessun governo, tranne quelli guidati da Silvio Berlusconi, ha mai avuto a sua disposizione le televisioni commerciali, cioè l'altra metà del cielo televisivo. Il fatto che l'attuale presidente del Consiglio abbia a sua completa mercé la propria azienda televisiva privata e l'intera azienda pubblica (salvo la riserva indiana di Raitre finché durerà) configura quindi una situazione che non ha riscontro in nessuna democrazia del mondo. Non so se sia vero che le nomine siano state decise l'altra sera nella riunione di tre ore nell'abitazione romana del premier. E' certo comunque che i nomi proposti dal direttore generale Masi saranno ratificati senza fiatare dal Cda della Rai di mercoledì prossimo e saranno tutti "famigli" di Berlusconi, provenienti dalle sue televisioni private o dai suoi giornali o pescati tra le giovani speranze già inserite nell'accogliente acquario dell'azienda pubblica, collaudati custodi del credo berlusconiano nel circuito mediatico.
Non ci sarà purtroppo una sola persona che abbia mai mostrato un barlume d'indipendenza, un soprassalto di dignità professionale, un dubbio sull'assoluta verità predicata dal Capo.
Questo è lo scandalo, questa è la vergogna, alla quale quel poco di cosiddetta indipendenza che ancora esiste nella stampa italiana si sta ormai adattando per assuefazione esprimendo tutt'al più qualche sommesso brontolio subito seguito da rimbrotti all'opposizione, colpevole di ideologismo e di conservatorismo.
Il quadro è desolante. Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti. Il controllo dei "media" non serve soltanto a procacciar voti ma soprattutto a trasformare l'antropologia d'una nazione. Ed è questa trasformazione che ha imbarbarito la nostra società, l'ha de-costruita, de-politicizzata, frantumata, resa sensibile soltanto a precarie emozioni e insensibile alla logica e alla razionalità.
Chi non è d'accordo è comunista. E firme di intellettuali o sedicenti tali accreditano questo scempio culturale e questa menzogna.
Dedicherò dunque al predetto scempio il seguito del mio ragionamento.
* * *
Quindici anni fa partecipai alla presentazione di un libro di Achille Occhetto al circolo della stampa estera a Roma, in quell'occasione il corrispondente di un giornale tedesco mi domandò che fine avrebbero fatto i comunisti dopo che il Pci aveva buttato alle ortiche il suo nome e la sua ideologia.
Risposi che i comunisti dovevano morire e così i loro figli e nipoti fino alla settima generazione. Solo quando fossero tutti fisicamente estinti sarebbe cessata la polemica nei loro confronti. Infatti è quanto è avvenuto e sta ancora avvenendo e poiché siamo ancora lontani dalla settima generazione l'anatema contro di loro continua e continuerà per un bel pezzo. Non è soltanto il tema prediletto dal nostro premier e dai Bonaiuti di turno, è anche diventato il piatto forte di molti belli ingegni transumanti che all'ombra del revisionismo sono passati dall'anticomunismo di "Lotta continua" e di "Potere operaio" all'anticomunismo di destra. Per loro ormai i comunisti sono diventati un'ossessione, ne vedono la presenza ovunque, alimentano i loro incubi e le loro farneticazioni e ai comunisti attribuiscono tutti i mali antichi, recenti, attuali e futuri che affliggono la politica italiana.
I comunisti. Il Partito comunista italiano. La sinistra italiana. Sono ancora tra noi. Non sono affatto scomparsi. Non sono estinti. Non sono stati rinnegati. Finché questo lavacro definitivo non sarà compiuto l'Italia sarà in pericolo e con essa anche la democrazia.
Ne ha fatto le spese l'ultimo libro di Aldo Schiavone il quale ha risposto al mitragliamento di cui era bersaglio con un articolo su "Repubblica" di qualche giorno fa. Con pungente ironia Schiavone domandava ai suoi interlocutori: che cosa volete che faccia? Debbo suicidarmi? Vi contentereste invece se promovessi un salmodiante corteo di pentiti che percorrano le strade d'Italia autoflagellandosi e invocando perdono per il peccato d'essere stati nel Pci?
La risposta non è ancora arrivata ma sarà sicuramente quella da me anticipata nel 1994, all'alba della stella berlusconiana: dovete morire fino alla settima generazione. Caro Aldo Schiavone, non c'è altra espiazione che basti a cancellare il vostro peccato mortale.
* * *
Tra le persone che mi onorano della loro amicizia c'è Alfredo Reichlin. Abbiamo più o meno la stessa età, ci conosciamo e stimiamo da mezzo secolo sebbene i nostri percorsi culturali siano stati assai diversi. Lui entrò nel Pci ai tempi della Resistenza, io sono di cultura liberale e tale sono rimasto anche se dopo la morte di Ugo La Malfa ho sempre votato per il Pci, poi per i Ds e infine per il Partito democratico che è il più conforme alle mie idee liberal-democratiche.
Reichlin ha scritto qualche anno fa un libro insieme a Miriam Mafai e a Vittorio Foa, che ha avuto molto successo ed è stato portato in teatro da Luca Ronconi. La domanda che quel libro si poneva era appunto perché un democratico è potuto diventare comunista e che cosa faranno i comunisti dopo che il comunismo è scomparso dalla scena politica del mondo.
Tra le risposte ce n'è una di Reichlin che riassumo così: il Pci ha certamente commesso molti errori, ha condiviso un'ideologia sbagliata, ha perfino coperto alcuni crimini, ma non è una realtà discesa sull'Italia come un meteorite. La domanda da porsi è dunque questa: perché la società italiana ha reso possibile la nascita d'un partito come il Pci, al quale si sono iscritti o per il quale hanno votato operai e borghesi, artigiani e contadini, marxisti e liberali, atei e credenti? Che al suo culmine ha quantitativamente raggiunto i voti della Democrazia Cristiana? Che Aldo Moro ha associato negli anni di piombo al governo del paese?
Questa domanda meriterebbe un'analisi seria. Almeno altrettanto seria quanto l'altra domanda speculare: perché la società italiana attuale ha reso possibile la nascita del berlusconismo e gli ha dato uno strapotere che somiglia sempre più ad un regime?
Con una differenza tra le due domande: ragionare sul Partito comunista sta diventando col passare degli anni materia per gli storici; ragionare sul berlusconismo è un tema maledettamente attuale e riguarda la politica e non ancora la storia.
* * *
Si dice che ormai non c'è più differenza tra destra e sinistra. Si inventano nuove classificazioni, per esempio quella tra progressisti, moderati, conservatori. Discorsi inutili e abbastanza noiosi. Scolastici. Lontani dalla realtà.
Il tema di oggi è il rapporto tra i grandi ideali della modernità: libertà eguaglianza fraternità. L'ho già scritto altre volte: l'età moderna è nata da questo trittico di principi e ha dato segnali di decadenza tutte le volte che quel trittico si è indebolito nelle coscienze e nella politica.
Il tema di oggi è quello di ridurre le disuguaglianze senza mettere a rischio la libertà. Questo distingue la sinistra dalla destra.
Bisogna tradurlo in atti politici. Bisogna cambiare l'antropologia del Paese. Bisogna superare l'indifferenza e l'apatia. Bisogna resistere per costruire il futuro.
(19 aprile 2009)
Nessun commento:
Posta un commento