sabato 30 maggio 2009

La MAFIA a Milano NON c'è! Parola di Letizia Moratti!



Dal Financial Times del 25 Aprile 2009:

"Milan has been a daunting market, especially for outside investors, due to opaque administrative processes, the importance of personal political ties and lack of public infrastructure investment, all of which poison risk assessments and balance sheets"

"Milano è stato un mercato difficile, soprattutto per gli investitori esterni, a causa di processi amministrativi opachi, dell'importanza dei legami politici e personali e della mancanza di infrastrutture pubbliche di investimento, tutto questo avvelena le valutazioni dei rischi e i bilanci".

giovedì 21 maggio 2009

Testamento biologico elvetico

Testamento biologico, legge e arte
La Svizzera fa i conti con la morte

un articolo da Repubblica
di VALERIO GUALERZI

NEUCHATEL (Svizzera) - A Neuchatel è una magnifica giornata di primavera. Il sole brilla sul lago, in lontananza si scorge il profilo maestoso delle Alpi ancora cariche di neve e una leggera brezza rende l'aria fresca al punto giusto. Eppure anche oggi, come avviene da circa un mese, oltre cento abitanti di questa piccola cittadina della Svizzera francofona sceglieranno di sprofondarsi per qualche ora nel più gelido degli inverni. Non il freddo meteorologico, ma quello della propria esistenza, andando a visitare la mostra "E se un giorno io muoio". La rassegna, organizzata dalla fondazione per l'assistenza ai malati terminali Chrysalide, spiega come rendere accettabile e - se la parola non apparisse quasi oltraggiosa - come valorizzare le ultime ore di chi sa di avere i giorni contati. La mostra, con la sua "straordinaria" affluenza malgrado la sfilza di immagini e messaggi crudeli, è il simbolo di una Svizzera che mai come in questi giorni vuole fare i conti con la morte.

Per arrivare qui da Milano bastano poche ore di auto, ma per molti altri aspetti la distanza va misurata in anni luce. In un celebre film Orson Welles elogiava la conflittualità italiana, premessa del Rinascimento, sentenziando che secoli di pace avevano fatto degli svizzeri un popolo incapace di andare oltre l'invenzione dell'orologio a cùcù, ma non è vero. "Anni e anni di guerre di religione ci hanno fatto capire che il dialogo è un valore fondamentale e che in pace si vive meglio", spiega Alberto Bondolfi, docente di Teologia a Losanna. L'ultimo esempio della validità di questo modello arriva dalla recente approvazione della riforma del codice civile in materia di diritti del malato con l'introduzione dell'obbligo per tutti i Cantoni (undici ne erano ancora privi) di garantire le "direttive anticipate", quello che in Italia chiamiamo testamento biologico.

Se il contenuto delle modifiche ci può essere da esempio, il metodo con cui ci si è arrivati è una vera lezione. "La nuova norma - spiega Olivier Guillod, docente di diritto privato all'Università di Neuchatel che ha contribuito alla stesura del testo in qualità di consulente - prevede la possibilità di lasciare delle indicazioni sulle cure mediche alle quali si vuole o non si vuole essere sottoposti in caso di perdita della capacità di intendere e di volere", compresa la tanto dibattuta alimentazione e idratazione artificale. "Si tratta di indicazioni vincolanti - precisa - alle quali il medico, salvo specifici casi di coscienza, deve attenersi". "La norma - ricorda invece il professor Bondolfi, che ha lavorato alla riforma da membro di un'apposita commissione di etica - prevede inoltre la possibilità di indicare un 'rappresentante terapeutico' di queste ultime volontà al quale si può anche decidere di dare carta bianca".

Un bel passo avanti quindi nell'affermazione del diritto di autodeterminazione dell'individuo, ma ciò che visto da Roma appare ancora più straordinario è la serena concertazione con la quale si è arrivati a riformulare la legge. Gli svizzeri sono chiamati in continuazione ad esprimersi attraverso i referendum su qualsiasi dettaglio della propria vita, ma a nessuno è venuto in mente di convocarne uno per fermare la riforma. Tra i chi è particolarmente vigile sul tema del testamento biologico ci sono da sempre i diversamente abili, comprensibilimente allarmati dal fatto che simili legislazioni possano diventare "cavalli di Troia" per qualche nostalgico dell'eugenetica o più semplicemente per qualcuno interessato ad erigersi a giudice su quale sia veramente una vita meritevole di essere vissuta. "Siamo comprensibilmente preoccupati che qualcuno ne possa voler approfittare in futuro, ma siamo consapevoli che l'introduzione delle 'direttive anticipate' era un passaggio indispensabile", spiega Ruedi Prerost, portavoce di Proinfirmis, la più grande associazione elvetica per la tutela dei diritti dei diversamente abili. "Ora - aggiunge - bisogna portare avanti la battaglia per rendere le nostre vite davvero uguali a tutte le altre".
Testamento biologico, legge e arte La Svizzera fa i conti con la morte

E neppure i vescovi, così interventisti nel dibattito italiano, qui in Svizzera hanno avuto da obiettare. "La Chiesa cattolica - spiega il professor Andrés-Marie Jerumanis, membro della Commissione di bioetica dell'episcopato svizzero - non è voluta entrare nel merito, anche se per noi l'alimentazione assistita non rientra tra i trattamenti assimilabili alle cure. Prendiamo atto che le 'direttive anticipate' sono il frutto della società nella quale viviamo, per noi si tratta di far sentire la voce profetica della Chiesa ed evitare che questo primo passo ci possa portare alla deriva".

Un atteggiamento che si estende ormai persino al tema ancora più spinoso del "suicidio assistito". La possibilità di aiutare qualcuno a morire è "tollerata" dall'articolo 115 del codice penale svizzero che punisce il reato in maniera simbolica se non compiuto per "motivazioni egoistiche", ovvero per interessi pecuniari. Si tratta di un istituto vecchio di circa un secolo che non ha nulla a che vedere con le malattie incurabili, ma piuttosto con una visione romantica della necessità di salvare il proprio onore. Ora il governo vuole mettere mano anche al codice penale per rivedere questo aspetto della morte, evitando che la "tolleranza" possa alimentare comunque un business nascosto, facendo moltiplicare i casi limite avvenuti negli ultimi anni. Ma anche in questo caso a nessuno è venuto in mente di spingere per vietare questa possibilità. Compresa la Chiesa cattolica, per la quale vale lo stesso ragionamento che per le "direttive anticipate".

"Non sempre - ricorda il professor Jerumanis - ciò che è legale è etico, ma dobbiamo confrontarci con l'attuale cultura politica e democratica, dialogando per evitare derive in cui da fatto 'privato' tra due persone legate da sentimenti particolari questa pratica possa diventare un'opzione sanitaria 'di Stato'. Non pensiamo che fare una battaglia su questo sia positivo, molto meglio il dialogo". Il tanto deriso orologio a cùcù degli svizzeri segna un'ora che in Italia non è ancora arrivata.

(21 maggio 2009)

lunedì 18 maggio 2009

venerdì 15 maggio 2009

Vorrei che tutti gli italiani avessero avuto l'incontro che adesso ho avuto io...

La risposta di Ezio Mauro a Berlusconi

Riporto per esteso la risposta del direttore di Repubblica agli attacchi di Berlusconi. Mancano invece le risposte alle 10 domande che Repubblica ha rivolto al Premier (non a Berlusconi uomo). Per queste domande, in un regime fascista-mediatico come il nostro, non sarà mai abbastanza lungo il tempo d'attesa. Non ariveranno mai. Tutto ciò che non esiste nelle SUE televisioni NON esiste. Per esempio non esiste più l'emergenza rifiuti in Campania (non era solo a Napoli il problema). Non esiste più il problema Abruzzo. Non esiste più il problema Alitalia. Esiste invece il problema Di Pietro. Esiste il problema Santoro. Come vedete il nostro Premier non ha molti problemi, li ha risolti quasi tutti ed ora sta cercando di risolvere in modo del tutto solidale anche i problemi degli altri, come per esempio i problemi delle veline, di Naomi "bimba papi" e di molte persone che se non si candidassero col PdL potrebbero essere condannate. Vedi caso Mastella, candidato alle europee con 3 inchieste che pendono sulla testa. Dove poteva andare se non col PdL? Voi dite c'è sempre l'UDC, è vero, ma il capò coi tacchi aveva un conto in sospeso con lui, dopo che gli aveva liberato Previti con l'indulto (votato alla grande anche dal PD e NON da Lega, AN e IdV) e liberato il governo facendo cadere Prodi.

Articolo di Repubblica

È MOLTO facile rispondere alle parole di Silvio Berlusconi pronunciate ieri contro "Repubblica", che nell'inchiesta-documento di Giuseppe D'Avanzo gli aveva rivolto dieci domande per chiarire gli aspetti più controversi del caso politico nato attorno alle candidature delle veline nelle liste Pdl, alla denuncia di "ciarpame politico" di Veronica Lario, alla festa di compleanno della giovane Noemi alla presenza del Premier, nel ruolo indiscusso di "Papi". Molto più difficile, per il Cavaliere, rispondere alle domande del nostro giornale. Anzi, impossibile. Berlusconi non sa rispondere, davanti alla pubblica opinione, perché con ogni evidenza non può. Ciò che ha detto su questa storia, nei lunghi monologhi mai interrotti da una vera richiesta di chiarimento, cozza fragorosamente con ciò che hanno raccontato gli altri protagonisti, e soprattutto con quel che la moglie sa e ha denunciato. Meglio dunque tacere, rifiutare la verità, la trasparenza e il confronto, il che per un uomo pubblico equivale alla fuga. Una fuga accompagnata ovviamente da insulti per il nostro giornale, perché il rumore (domani amplificato dai manganelli di carta al suo servizio) copra il vuoto, la mancanza di coraggio e la scelta necessitata dell'ambiguità.

Ma l'uomo in fuga è il Presidente del Consiglio. Dunque questa incapacità o impossibilità di fare chiarezza, cercando la verità, è immediatamente un fatto politico, un handicap della leadership, una macchia istituzionale qualsiasi cosa nasconda, fosse anche soltanto l'incapacità di accettare un contraddittorio sui lati che restano poco chiari di una vicenda che ha fatto il giro dei giornali e dei siti di tutto il mondo. Una storia nella quale l'unica cosa che non c'entra proprio nulla è la privacy.

Berlusconi è infatti l'uomo che ha unito pubblico e privato fino a confonderli, con la sua biografia trasformata in programma elettorale per gli italiani e spedita nelle case di 50 milioni di elettori all'inizio della sua avventura politica: mentre oggi, quindici anni dopo, continua a vendere sul rotocalco di famiglia gli ex voto elettorali della sua infanzia aureolati nella patina reale del fotoromanzo, con l'immagine adolescente della Prima Comunione poche pagine prima del brindisi anziano di Casoria.

Le domande di "Repubblica" volevano appunto bucare questa nuvola nazional-popolare dove si sta cercando di trasportare nottetempo il caso Berlusconi, lontano dalla responsabilità istituzionale e politica di dire il vero agli italiani. Nascevano semplicemente, come abbiamo detto a Palazzo Chigi proponendo un confronto diretto col Premier, dalla constatazione che a due settimane dall'inizio della vicenda troppe cose rimanevano da spiegare, anche perché nessuna vera richiesta di chiarimento era stata rivolta al Cavaliere, e la sede televisiva del "rendiconto" - quella del suo personale notaio a "Porta a Porta" - si era in realtà rivelata la sede di un lungo monologo: per accusare la moglie ed esigerne le scuse, invece di rispondere alla sua denuncia (la politica che seleziona veline diventa "ciarpame senza pudore", "mio marito frequenta minorenni", "mio marito non sta bene, ho implorato coloro che gli stanno accanto di aiutarlo") rovesciando la realtà davanti agli italiani.

Questa mancanza di chiarezza e di confronto, con domande precise e risposte nette, ha ingarbugliato le cose. Tra il racconto del Premier e i racconti degli altri protagonisti di questa vicenda si sono allargate incongruenze evidenti, pubbliche, inseguite da spiegazioni postume che aprivano nuovi fronti controversi e dunque suscitavano altre domande. In tutto il mondo civile, dove esiste una pubblica opinione e la funzione autonoma della stampa, le contraddizioni del potere e la mancanza di chiarezza sono lo spazio naturale del giornalismo, del suo lavoro d'inchiesta, del suo sforzo documentale e infine delle sue domande.

Questo abbiamo provato a fare, senza dare giudizi e senza una tesi finale da dimostrare. Ci interessa il percorso tra le contraddizioni di un uomo pubblico in una vicenda pubblica, mettendo a confronto versioni e racconti che vanno tra loro in dissonanza, per domandare infine al protagonista di spiegare perché, proponendo la sua verità dei fatti.

Oggi dobbiamo prendere atto che il Presidente del Consiglio, invece di rispondere alle domande, scappa dalle vere questioni aperte che chiamano in causa la sua credibilità, e lo fa insultando, cioè cercando di parlar d'altro. "Invidia e odio", a suo parere, sono i motivi della "campagna denigratoria che "Repubblica" e il suo editore stanno conducendo da giorni" contro il Presidente. Che c'entra l'editore con l'inchiesta di un giornale? Non esistono scelte autonome da parte di un quotidiano nella cultura proprietaria del Premier? Cosa bisogna dunque pensare delle domande che proprio ieri il "Giornale" berlusconiano rivolgeva in prima pagina a Di Pietro? E soprattutto, cosa c'entrano con un'inchiesta giornalistica i sentimenti dell'odio e dell'invidia? Può il Cavaliere concepire, per una volta, che si possa indagare sui suoi atti e persino criticarli senza odiarlo, ma semplicemente giudicandolo? Può rassegnarsi a pensare che esiste ancora qualcuno, persino in questo Paese, che non lo invidia affatto, né a Roma né ad Arcore né a Casoria? Può infine ammettere che dieci domande non costituiscono una denigrazione, soprattutto se le si può spazzare via dal tavolo con la semplice forza della verità?

Il Cavaliere denuncia infine che "attacchi di così basso livello" giungano in prossimità del voto europeo: ma i tempi e soprattutto il livello di questa vicenda non li abbiamo scelti noi, nemmeno la location di Casoria, le luci delle fotografie festose e i comprimari, i monili, la favola bella dei genitori che si baciano in esclusiva per "Chi", la ragazza incolpevole di tutto ma soprattutto sicura che approderà negli show televisivi o in Parlamento, l'uno o l'altro intercambiabili, l'importante è sapere che "deciderà Papi". Non abbiamo deciso noi che tutto questo valesse prima la critica della Fondazione "Farefuturo" di Fini e poi lo strappo di un divorzio pubblico come l'offesa ricevuta, dunque politico come tutto ciò che accade al Cavaliere: da parte di una moglie che il grande rotocalco con cui si impagina oggi l'Italia dipinge come incapace di autonomia, fragile e sola, dunque preda di suggeritori mediatici e politici, unica spiegazione che ripristini la sacralità mistica del carisma intaccato dall'interno, quando una donna ha deciso (prima e unica, in un quindicennio) di rompere il cerchio magico dell'intangibilità sciamanica del Capo.

Per il Cavaliere, chi lo critica non può avere autonomia. Per lui, l'adesione è amore e fede, dunque la critica è tradimento e follia, le domande - non essendo contemplate e per la verità neppure molto praticate, nel conformismo del 2009 - diventano "odio e follia", in un discorso pubblico fatto di vibrazioni, dove tutto è emotivo.

Che cosa concludere? La storia che ha fatto il giro del mondo resta tutta da chiarire, perché il Presidente del Consiglio sa solo minacciare, ma non può spiegare. Dunque continueremo a fare domande, come fossimo in un Paese normale, per quei cittadini che chiedono di sapere perché vogliono capire, rifiutando di entrare nel grande fotoromanzo italiano che sta ingoiando quel che resta della politica.
(15 maggio 2009)

giovedì 14 maggio 2009

Un culetto di prosciuttto cotto...

Caotica ma affascianante

Riporto la traduzione da parte del sito italiadallestero di un articolo apparso sul giornale tedesco "Sueddeutsche Zeitung". Questo articolo dà l'idea di come ci vedono dal nord e devo dire che la visione non è così catastrofica. O l'Amore-Odio dei tedeschi nei nostri confronti gli offusca un po' la vista o noi siamo diventati troppo sensibili all'esproprio della democrazia da parte del parlamento dei nominati. O l'una o l'altra, ma ho come l'impressione che non sia più così facile seguire da fuori cosa sta succedendo in "Itaglia"...Caotica sì!



Ammirazione per piazze e pizze, derisione per mafia, Fiat e Berlusconi: L´immagine che i tedeschi hanno dell´Italia oscilla tra due estremi.

Il superattivo direttore della Fiat Sergio Marchionne, celebra il piano di intesa con la vecchia signora Opel come l´inizio di un matrimonio benedetto. La corteggiata, ma anche molti politici, sindacalisti e cittadini in Germania hanno invece paura che si risolva in un affare maledetto. La Fiat non ce la fara’ mai - questa e’ l´opinione diffusa.

La causa risiederebbe nei dubbi sulle capacita’ finanziarie e manageriali della casa torinese cosí come sulle preoccupazioni per le sedi e i posti di lavoro. Il duro rifiuto alla richiesta di Marchionne ha pero’ anche altri motivi, da ricercare nel piú profondo della psicologia della gente.

In questo senso la Fiat rappresenta tutta l´Italia, e il pregiudizio recita cosi: Gli italiani sono inaffidabili, incapaci di grandi progetti e inadattia rilevare una parte dell´orgogliosa industria automobilistica tedesca. Lo stesso Goethe parlo’ male dell´Italia: “Cerchi invano in ogni angolo la rettitudine tedesca.” A Schopenhauer viene attribuita la frase: “Il punto cardinale del carattere nazionale degli italiani e’ la più completa sfacciataggine.” Piu’ tardi a questi pregiudizi si aggiunsero i ricordi tedeschi di un presunto tradimento italiano nella Seconda Guerra Mondiale.

Anche l´elevato cronico debito pubblico, le scene da operetta della politica di Roma, le montagne di rifiuti a Napoli cosi come il problema della mafia rendono un’ immagine per cui l´Italia non puo’ essere un paese serio. Secondo una battuta cattiva che circola in Germania Fiat è l’acronimo per “difettosa in tutti i pezzi” (Ndt. in tedesco: “Fehlerhaft In Allen Teilen”)

In bizzarra contrapposizione a questi stereotipi negativi c´e’ la passione per l´Italia dei tedeschi. Almeno per quanto riguarda le vacanza, la penisola a forma di stivale ancora oggi e’ il paese dove fioriscono i limoni, si cucina in maniera eccellente, si possono acquistare mobili eleganti, scarpe e vestiti e la vita quotidiana e’ piu’ leggera e allegra che nella nordica Germania. Andare per le colline della Toscana con una Fiat 500? Ma volentieri! La Fiat al timone della Opel? Giú le mani. Cosí si lascia descrivere l´atteggiamento tedesco nei confronti dell´Italia. Da una parte il culto dall´altra il rifiuto, luogo dei desideri e paese del caos, tra questi estremi oscilla l´immagine dell´Italia.

Una particolare figura fa si che da anni questo lato oscuro dell’Italia venga accentuato: Silvio Berlusconi. Il Primo Ministro, con le sue scappatelle, il suo concetto patriarcale del potere, il mischiare la vita privata con il suo ruolo pubblico, così come i suoi attacchi sconsiderati alla giustizia, non potrebbe resisestere neanche una settimana come politico nella Repubblica Federale. Lo stile sfavillante di Berlusconi e la sua auto esaltazione risultano a molti tedeschi ridicoli e pericolosi allo stesso tempo. Anche per questo nel dibattito Fiat-Opel aleggia la sensazione che l’ Italia non sia abbastanza affidabile.

Successi italiani

Solo che la Germania non si può lasciare andare cosi facilmente a certi giudizi sul amico stretto e alleato. Iniziando da Berlusconi. Questo uomo forte è difficilmente tollerabile come presidente democratico di uno dei più importanti stati europei, e gli italiani farebbero bene ad osservarlo con occhi critici. Tuttavia, Berlusconi non dovrebbe essere dipinto o bianco o nero.

L’Italia non è solo Berlusconi

Ha ridimensionato la crisi della spazzatura a Napoli in poco tempo. Ha affrontato la catastrofe del terremoto in Abruzzo, finora, con strabiliante slancio. E la scelta di trasferire l’incontro del G8 di luglio dalla lussuriosa costa della Sardegna a L’Aquila devastata dal terremoto, in un periodo di crisi economica è quanto meno astuta.

A parte questo: l’Italia non è solo Berlusconi. Il paese ha sempre dimostrato che al contrario delle attese dei paesi stranieri, dalla sua posizione è capace di grandi opere. Quasi nessuno avrebbe pensato, che questa nazione con un debito pubblico elevatissimo e con la sua Lira debole, si sarebbe collocata nel primo gruppo degli Stati che avrebbero adottato l’Euro. Ma l’Italia ce l’ha fatta, anche perchè i suoi cittadini senza protestare tanto, per riuscirci hanno pagato delle tasse speciali.

Un altro esempio: prima dei mondiali di calcio del 2006 in Germania, l’Italia giocava in “fuorigioco”. Era schernita da tutto il mondo per un campionato di serie A travolto dagli scandali. L’ Italia è poi diventata Campione del Mondo. E la Fiat? Alcuni anni fa l’azienda si trovava sull’orlo della bancarotta. Oggi si lancia nel tentativo di costruire il secondo più grande impero automobilistico del mondo. Gli alti e i bassi in Italia si susseguono più rapidamente che in altri paesi. Stando a tutti gli stereotipi negativi che riguardano questo paese, sarebbe dovuto gia essere al tappeto da tempo. Invece chi ancora oggi passa per Venezia, o cammina per Roma o viaggia per la Puglia si convincerà di una cosa: Non è certamente così. Come dei magici realisti, molti italiani riescono con perseveranza nell’ apparentemente utopico obiettivo di compensare la debolezza del loro Stato e della loro società. Chi pensa sbrigativamente - non ce la possono fare - si potrebbe sbagliare di grosso.

Per quanto riguarda l’offerta della Fiat alla Opel questo significa che: sarebbe intelligente valutare il suo valore, senza lasciarsi influenzare da pregiudizi di nazionalità e dall’orgoglio ferito dei produttori di auto tedesche. Così potrebbe risultare che il fidanzamento tra le due case automobilistiche non sarà sicuramente un matrimonio da settimo cielo - ma neache un affare maledetto.

[Articolo originale "Chaotisch, aber charmant" di Stefan Ulrich]

mercoledì 13 maggio 2009

Ridateci la rappresentanza

Il peggio degli italiani, secondo una definitzione di Scalfari, Beppe Grillo fa quello che in un altro paese farebbero centinaia di migliaia di persone: chiede conto al parlamento italiano del suo operato. Il tutto legalmente, cioè seguendo l'iter legislativo e non come credono i detrattori gridando al vento. Segue un iter che come si può immaginare non può essere di immediato responso, dato che si tratta di cambiare le regole del gioco. Sto parlando della proposta di legge elettorale che chiede un cambiamento delle regole per divantare e per rimanere parlamentari.

Quanti dei professoroni di sinistra si stan battendo veramente per far sì che per esempio le persone condannate in via definitiva non siedano in parlamento? Chiedetelo a Franceschini!

Ho ascoltato un pezzo dell'incontro tra Franceschini e Zegrebelsky:

http://tv.repubblica.it/copertina/referendum-non-cambio-idea/32718?video

Franceschini pronto a tirar fuori il discorso sugli immigrati e a dire che non lo fa per convenienza politica, perché se si perde l'1% per aver detto che gli immigrati vanno considerati come richiedenti asilo politico, non ha importanza se è per una questione di principio.

Ma al tempo stesso non gli importa invece che votando per il SI al referendum si rischia di dare l'Italia in mano al PdL da solo, ALTRO CHE 1%!

Votare SI al referendum vuol dire dare il premio di maggiornaza al partito con più voti, il quale sbalza dal suo 20-30% al 55% (340 seggi su 617) grazie al premio. Vi immaginate un parlamento con un 55% di parlamentari del PdL? E il resto diviso tra Lega, PD, UDC, IdV!

Sono dei pazzi furiosi.

Io pensavo che questi referendum proponessero finalmente la domanda sulla preferenza, ma NO non c'è!

Leggete i quesiti:

http://www.referendumelettorale.org/dettaglio/64284/I_tre_quesiti

Guzzetta, promotore del Referendum, afferma che sia inevitabile andare verso un sistema bipartitico dato che è quello che vogliono gli italiani e quindi il SI al referendum velocizza questa transizione. Peccato che nel suo gran discorso faccia quasi esclusivamente riferimento al fatto che il nostro Parlamento è un parlamento di nominati, non di eletti, ma poi i quesiti referendari non facciano cenno a questa perversione italiana. In oltre Guzzetta afferma che il paventato pericolo che il PdL si prenda il premio di maggioranza non sarebbe poi così una distorsione, dato che già ora con questa legge potrebbe prenderselo. Sì, se si presenta da solo. E vincerebbe il PdL da solo contro PD e IdV? Gli argomenti del SI non mi convincono!

E allora non ci resta che Grillo per riavere ciò che ci han rubato! La Pittima del Parlamento!

Dal post http://www.beppegrillo.it/2009/05/vizzini_vuol_dire_fiducia/

Sabato 9 maggio 2009: Vizzini, avvisato della mia discesa a Roma come Pittima davanti al Parlamento, mi telefona. Mi chiede di incontrarlo martedì per informarmi sull'iter della proposta di legge popolare "Parlamento Pulito". Vizzini premette che l'incontro può essere filmato e pubblicato in Rete.
11 maggio 2009: Vizzini dal suo blog:
"Sono pronto e disponibile ad incontrare Beppe Grillo in rappresentanza del comitato che ha presentato una proposta di legge di iniziativa popolare, in materia elettorale, all'esame del Senato. Nei prossimi giorni porterò all'esame dell'ufficio di presidenza della commissione l'ipotesi e la data di audizione di una delegazione del comitato promotore. In questo modo il provvedimento, il cui esame in commissione è già iniziato con la relazione del senatore Malan, potrà essere portato avanti con la discussione generale."
11 maggio 2009: Mi reco davanti al Parlamento per esigere il mio credito di democrazia e di altri 350.000 firmatari. Nessun deputato esce da Montecitorio. Si presentano le forze dell'ordine in assetto anti sommossa. Mi sposto davanti al Senato seguito dalla Polizia. Mi fanno ancora allontanare. Nessuna traccia di senatori.
12 maggio 2009: mi telefona Vizzini per cancellare l'appuntamento. Ero rimasto a Roma con i miei collaboratori solo per incontrarlo.
Un'altra lezione di democrazia da parte dei nostri dipendenti. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.

13 maggio 2009: Dopo la pubblicazione di questo post ricevo la seguente comunicazione di Vizzini che mi rallegra:
"L'Ufficio di Presidenza della Commissione Affari Costituzionali del Senato della Repubblica, sotto la presidenza del senatore Carlo Vizzini, ha convenuto di fissare per la settimana di lavoro parlamentare che inizierà subito dopo le elezioni del 6 e 7 giugno l'audizione di Beppe Grillo e degli altri rappresentanti dei proponenti il disegno di legge di iniziativa popolare n°3 (Riforma della legge elettorale della Camera e del Senato riguardante i criteri di candidabilità ed eleggibilità, i casi di revoca e decadenza del mandato e le modalità di espressione della preferenza da parte degli elettori), già incardinato presso la Commissione e di cui è relatore il senatore Lucio Malan.
Il Presidente Carlo Vizzini al termine dei lavori ha reso noto di essere in contatto con il Signor Beppe Grillo e che anche prima dell'audizione formale, già deliberata, vi è piena disponibilità da parte sua ad un incontro con Beppe Grillo per uno scambio di vedute sul provvedimento all'esame del Senato
."

lunedì 11 maggio 2009

Letteronze

Io non sono contrario per principio alla candidatura al parlamento europeo di ragazze che hanno fatto dello spettacolo il loro obiettivo di vita. Penso però che un corso veloce tenuto da La Russa, Brunetta & C. non sia la soluzione per la creazione della futura classe politica italiana.


sabato 9 maggio 2009

Ma va laaa va laaa ma cosa sta dicendo...


Per chi non lo avesse ancora sentito l'avvocatone di "Cucù", il nostro premier, ecco QUI la puntata di Annozero in cui si può ammirare la tecnica dialettica dei cani da guardia di questo "potere" cialtrone. Sul caso "Noemi e papi" si è detto di tutto, ma Travaglio trova sempre qualche chicca che val la pena leggere:
Elio e le storie tese

di Travaglio sul sito Voglioscendere

Dunque. Elio Letizia da Secondigliano, messo comunale, 12 mila euro dichiarati all’anno, ha una figlia, Noemi, che veste firmato e va a scuola in Mercedes con autista. Lui conosce intimamente il premier, ma né lui né il premier spiegano come e quando si sono conosciuti. Anche Noemi conosce intimamente il premier: a 15 anni inviò un book di foto a Mediaset tramite un amico di Dell’Utri; poi, a 16-17 anni, iniziò a frequentare “papi” per tirargli su il morale col karaoke. Milano, Roma, Sardegna. Ma sempre, giura Ghedini, accompagnata dai genitori. Strano: i coniugi Letizia risultano separati da anni; e il Corriere ventila addirittura un’“amicizia particolare” tra Elio e un ex dirigente comunale. Quali armi di persuasione possieda Elio per convocare il premier da Milano alla circonvallazione di Casoria, posto da paura, non è dato sapere. Salvo credere al premier: “Elio voleva parlarmi delle candidature di Malvano e Martusciello”. Uno è l’ex questore di Napoli, deputato Pdl; l’altro un consigliere regionale Pdl, fratello del coordinatore forzista in Campania. I due non han mai visto né conosciuto Elio. Che però, generoso com’è, li raccomandava lo stesso. Silvio rimane chiuso un’ora in aereo a Capodichino in attesa che Noemi entri alla festa. E, siccome ha deciso all’ultimo momento, le regala un collier che casualmente teneva in tasca, per ogni evenienza. Sempre casualmente, la scorta aveva "bonificato" il locale da eventuali pericoli già in mattinata, prima che lo stesso premier sapesse che ci sarebbe andato. E, ancora casualmente, da sotto un tavolo è poi spuntato in tempo reale un fotografo di “Chi” (Mondadori) per immortalare la scena. Tutto chiaro. Ecco perchè Veronica e Mike Bongiorno trovavano perennemente occupato: era sempre al telefono con Elio.
(Vignetta di theHand)