Corrado Guzzanti contro la legge bavaglio.
martedì 20 luglio 2010
sabato 17 luglio 2010
mercoledì 14 luglio 2010
Annozero s'ha da fare!
La lettera di Santoro al direttore della RAI Masi.
"Gentile Direttore,
al termine di una stagione faticosa, durante la quale sono stato costretto a lavorare più per contrastare manovre politiche e impedimenti burocratici che per realizzare un prodotto televisivo, solo al fine di trovar modo di continuare a svolgere la mia professione con un minimo di serenità, avevo accolto il tuo invito a valutare una ipotesi transattiva che ponesse fine all'interminabile vicenda giudiziaria che mi riguarda.
Ma siccome nessuna azienda seria rinuncerebbe a cuor leggero a una trasmissione come Annozero e nessuna azienda libera discuterebbe di materie contrattuali riguardanti i suoi dipendenti come ha fatto la Rai, addirittura dedicando intere trasmissioni alla nostra cosiddetta trattativa, si è scatenata una incredibile concatenazione di errori di comunicazione e polemiche.
Oggi sono costretto a constatare che non si è ottenuto il risultato sperato: individuare soluzioni che appaiano e siano dalla parte del pubblico. E', invece, risultato evidente che Annozero, perfino da chi esprime nei suoi confronti critiche violente, è considerato un elemento assai importante del panorama informativo italiano. Il clamore suscitato dalla eventualità di una sua soppressione, al di là delle critiche ingiustificate e immotivate sulla portata e il valore del possibile accordo, ha dimostrato inequivocabilmente che un pubblico enorme non vuole rinunciare ad uno dei suoi appuntamenti preferiti.
Perciò lasciami dire che, indipendentemente dalle tue intenzioni, la tattica di rinviare continuamente la conferma in palinsesto del programma, anche dopo quanto emerso dall'inchiesta di Trani, conferma nell'opinione pubblica la convinzione di un carattere strumentale dell'interesse manifestato per le nuove trasmissioni alle quali avrei potuto dar vita. Non c'è più spazio, quindi, per rinvii e ambiguità. E non c'è più tempo per trovare alcun accordo tra noi che non preveda la messa in onda di Annozero.
Ti prego di provvedere di conseguenza a sbloccare le pratiche che con i miei collaboratori sono state già tutte opportunamente istruite e consegnate alla Rete dopo aver definito con il Direttore Liofredi e gli uffici competenti della Rai date e modalità produttive. La mancata messa in onda del programma sarebbe un grave danno per il servizio pubblico e mi costringerebbe ad impiegare tutte le energie per difendere diritti miei, dei miei collaboratori e degli spettatori. Ti ringrazio per la cortese attenzione e ti invio i miei più cordiali saluti.
Michele Santoro
"Gentile Direttore,
al termine di una stagione faticosa, durante la quale sono stato costretto a lavorare più per contrastare manovre politiche e impedimenti burocratici che per realizzare un prodotto televisivo, solo al fine di trovar modo di continuare a svolgere la mia professione con un minimo di serenità, avevo accolto il tuo invito a valutare una ipotesi transattiva che ponesse fine all'interminabile vicenda giudiziaria che mi riguarda.
Ma siccome nessuna azienda seria rinuncerebbe a cuor leggero a una trasmissione come Annozero e nessuna azienda libera discuterebbe di materie contrattuali riguardanti i suoi dipendenti come ha fatto la Rai, addirittura dedicando intere trasmissioni alla nostra cosiddetta trattativa, si è scatenata una incredibile concatenazione di errori di comunicazione e polemiche.
Oggi sono costretto a constatare che non si è ottenuto il risultato sperato: individuare soluzioni che appaiano e siano dalla parte del pubblico. E', invece, risultato evidente che Annozero, perfino da chi esprime nei suoi confronti critiche violente, è considerato un elemento assai importante del panorama informativo italiano. Il clamore suscitato dalla eventualità di una sua soppressione, al di là delle critiche ingiustificate e immotivate sulla portata e il valore del possibile accordo, ha dimostrato inequivocabilmente che un pubblico enorme non vuole rinunciare ad uno dei suoi appuntamenti preferiti.
Perciò lasciami dire che, indipendentemente dalle tue intenzioni, la tattica di rinviare continuamente la conferma in palinsesto del programma, anche dopo quanto emerso dall'inchiesta di Trani, conferma nell'opinione pubblica la convinzione di un carattere strumentale dell'interesse manifestato per le nuove trasmissioni alle quali avrei potuto dar vita. Non c'è più spazio, quindi, per rinvii e ambiguità. E non c'è più tempo per trovare alcun accordo tra noi che non preveda la messa in onda di Annozero.
Ti prego di provvedere di conseguenza a sbloccare le pratiche che con i miei collaboratori sono state già tutte opportunamente istruite e consegnate alla Rete dopo aver definito con il Direttore Liofredi e gli uffici competenti della Rai date e modalità produttive. La mancata messa in onda del programma sarebbe un grave danno per il servizio pubblico e mi costringerebbe ad impiegare tutte le energie per difendere diritti miei, dei miei collaboratori e degli spettatori. Ti ringrazio per la cortese attenzione e ti invio i miei più cordiali saluti.
Michele Santoro
lunedì 12 luglio 2010
domenica 11 luglio 2010
I nuovi barbari
Dall'editoriale di Scalfari di oggi su Repubblica.
L'articolo completo per questioni di copyright lo trovate QUA.
Consiglio alnche la lettura del nuovo libro di Scalfari "Per l'alto mare aperto" che viene citato qui. È un viaggio attraverso la modernità a partire da Montaigne e Cervantes passando per Hegel e Kant fino a Joyce e Montale.
La cena di Vespa per sedurre Casini
di EUGENIO SCALFARI
LE DOMENICHE di afa e di solleone incitano al raccoglimento e a pensieri non degradati dall'attualità. Emerge per esempio - ed è inconsueta la fonte dalla quale provengono questi segnali - un sentimento d'infelicità, una noia di vivere tra immagini false e verità mascherate, il senso d'un declino inarrestabile, la necessità di ricominciare da zero abbandonando ogni retaggio lungo una strada erta di sassi e opaca per la polvere che la sommerge.
Le fonti che emettono questi segnali sono inconsuete perché fino a poco tempo fa essi erano del tutto diversi: si esaltavano conquiste di buon governo, prevalenza di spiriti liberali, dominanza d'un privato efficiente e sano e un lodevole ritrarsi d'un pubblico ancora inquinato da ideologie e impoverito da sprechi e ruberie.
Sembrava - e così veniva fatto credere - che fossimo finalmente entrati in una fase costruttiva della quale perfino una rinata fede religiosa contribuiva a rafforzare i lineamenti e gli obiettivi fornendo un plus di valori ad una buona laicità capace di coniugare la fede con la ragione.
Come mai, nel volger di pochi mesi e addirittura di poche settimane questo quadro positivo ha lasciato il posto allo sconforto? Perché le tinte rosee che lo illuminavano hanno di colpo assunto colori foschi dominati da nubi plumbee cariche di pioggia e di fulmini? Viene in mente che la causa possa essere di materia economica, la crisi che ha investito l'intero pianeta e in particolare le economie occidentali dei paesi opulenti.
Ma non è così, non è questa l'origine dei segnali di sconforto: la crisi infatti è cominciata da oltre due anni e secondo gli esperti ha superato la fase più acuta; anche se molte preoccupazioni persistono, esse non spiegano quel sentimento di frustrazione che si va diffondendo e che molti "laudatores" delle nuove libertà registrano con sconsolato scoramento.
Personalmente non mi stupisco di questo capovolgimento di atmosfera, di questa caduta di speranze e opacità di futuro. Ho scritto un libro in cui si racconta la storia di un'epoca che ha alle sue spalle quattro secoli ed ora dà segnali di estenuazione. Può darsi che non sia il solo ad aver colto il gran finale della modernità, che ha rappresentato il culmine della civiltà occidentale ed ora si decompone di fronte ad una sorta d'invasione barbarica che azzera i retaggi e inventa nuovi linguaggi e nuovi modelli.
La modernità ha dato ciò che poteva ma non si è ancora spenta: sta difendendo i suoi valori che i nuovi barbari imbrattano e insultano. Può darsi - me lo auguro - che alcuni intellettuali organici a quel nuovo e barbaro potere si siano resi conto della deriva in corso e siano diventati disorganici, secondo una felice definizione di Umberto Eco. Sarebbe un evento fausto. Spero che non sia un vago miraggio destinato rapidamente a dissipare.
[...]
L'articolo completo per questioni di copyright lo trovate QUA.
Consiglio alnche la lettura del nuovo libro di Scalfari "Per l'alto mare aperto" che viene citato qui. È un viaggio attraverso la modernità a partire da Montaigne e Cervantes passando per Hegel e Kant fino a Joyce e Montale.
La cena di Vespa per sedurre Casini
di EUGENIO SCALFARI
LE DOMENICHE di afa e di solleone incitano al raccoglimento e a pensieri non degradati dall'attualità. Emerge per esempio - ed è inconsueta la fonte dalla quale provengono questi segnali - un sentimento d'infelicità, una noia di vivere tra immagini false e verità mascherate, il senso d'un declino inarrestabile, la necessità di ricominciare da zero abbandonando ogni retaggio lungo una strada erta di sassi e opaca per la polvere che la sommerge.
Le fonti che emettono questi segnali sono inconsuete perché fino a poco tempo fa essi erano del tutto diversi: si esaltavano conquiste di buon governo, prevalenza di spiriti liberali, dominanza d'un privato efficiente e sano e un lodevole ritrarsi d'un pubblico ancora inquinato da ideologie e impoverito da sprechi e ruberie.
Sembrava - e così veniva fatto credere - che fossimo finalmente entrati in una fase costruttiva della quale perfino una rinata fede religiosa contribuiva a rafforzare i lineamenti e gli obiettivi fornendo un plus di valori ad una buona laicità capace di coniugare la fede con la ragione.
Come mai, nel volger di pochi mesi e addirittura di poche settimane questo quadro positivo ha lasciato il posto allo sconforto? Perché le tinte rosee che lo illuminavano hanno di colpo assunto colori foschi dominati da nubi plumbee cariche di pioggia e di fulmini? Viene in mente che la causa possa essere di materia economica, la crisi che ha investito l'intero pianeta e in particolare le economie occidentali dei paesi opulenti.
Ma non è così, non è questa l'origine dei segnali di sconforto: la crisi infatti è cominciata da oltre due anni e secondo gli esperti ha superato la fase più acuta; anche se molte preoccupazioni persistono, esse non spiegano quel sentimento di frustrazione che si va diffondendo e che molti "laudatores" delle nuove libertà registrano con sconsolato scoramento.
Personalmente non mi stupisco di questo capovolgimento di atmosfera, di questa caduta di speranze e opacità di futuro. Ho scritto un libro in cui si racconta la storia di un'epoca che ha alle sue spalle quattro secoli ed ora dà segnali di estenuazione. Può darsi che non sia il solo ad aver colto il gran finale della modernità, che ha rappresentato il culmine della civiltà occidentale ed ora si decompone di fronte ad una sorta d'invasione barbarica che azzera i retaggi e inventa nuovi linguaggi e nuovi modelli.
La modernità ha dato ciò che poteva ma non si è ancora spenta: sta difendendo i suoi valori che i nuovi barbari imbrattano e insultano. Può darsi - me lo auguro - che alcuni intellettuali organici a quel nuovo e barbaro potere si siano resi conto della deriva in corso e siano diventati disorganici, secondo una felice definizione di Umberto Eco. Sarebbe un evento fausto. Spero che non sia un vago miraggio destinato rapidamente a dissipare.
[...]
sabato 10 luglio 2010
domenica 4 luglio 2010
Il Bavaglio "made in PD"
Da Antefatto.it
Politici in fuga dagli elettori
L’elenco è tristemente lungo
di Marco Travaglio
L’elenco dei politici in fuga dagli elettori è lungo, sterminato. L’ultimo è Piero Fassino, pizzicato da alcuni ragazzi delle Agende Rosse in piazza Navona mentre manifestava spudoratamente contro il bavaglio. Lui che, quand’era segretario dei Ds, guidava la coalizione detta comicamente “Unione” che nel 2007 votò unanime alla Camera insieme al centrodestra la legge bavaglio Mastella, salvo 9 astenuti o non partecipanti al voto (Giulietti, Grillini, Nicchi, Cannavò, Zaccaria, Carra, De Zulueta, Poletti e Caldarola).
Il bavaglio Mastella era, se possibile, ancora peggio dell’ultima versione del bavaglio Alfano: vietava “la pubblicazione, anche parziale o per riassunto”, di tutti gli atti di indagine anche se non più coperti da segreto, cioè dei verbali ma anche delle intercettazioni, fino all’inizio del processo (il bavaglio Alfano, almeno, il riassunto lo consente per tutti gli atti, intercettazioni escluse) e degli atti del fascicolo del pm addirittura fino alla sentenza d’appello; puniva i giornalisti con la galera fino a 30 giorni o con multe fino a 100 mila euro per ogni articolo (le multe del bavaglio Alfano arrivano a 10 mila euro ad articolo, o a 20 mila in caso di intercettazioni). Come si vede nel filmato, appena i ragazzi gli contestano l’inesistenza del Pd all’opposizione e gli inciuci dei Ds quand’erano in maggioranza, Fassino si attizza come un fiammifero, perde la calma, ammonisce i malcapitati col ditino alzato e poi se ne va bofonchiando a caccia di telecamere.
Al crepuscolo della prima Repubblica, 18 anni fa, quando la politica era screditata esattamente quanto oggi, i politici stavano molto attenti agli umori dei loro elettori. Al punto che, per tentar di recuperare un minimo di credibilità, si spogliarono dei due più formidabili scudi della Casta: abolirono l’autorizzazione a procedere per indagare su di loro e portarono ai due terzi la maggioranza necessaria per approvare amnistie e indulti (cioè, nella tradizione italiota, autoamnistie e autoindulti). Il che non bastò a frenare la marea montante del discredito, che alla fine li travolse, almeno per un po’. Ma almeno ci provarono, dimostrando un barlume di sintonia con l’elettorato inferocito e di rispetto democratico per i cittadini. Quelli di oggi, che poi sono in gran parte le seconde file di allora, per giunta invecchiate di vent’anni, non intravedono neppure le avvisaglie dello tsunami che sta per travolgerli tutti. Anziché fermarsi a parlare con chi li contesta, cospargersi il capo di cenere, chiedere scusa, promettere di non farlo mai più e sperare che la gente abbocchi, la sfanculano spocchiosi e portano a spasso i loro monumenti pieni di crepe. Peggio per loro. Dio fa impazzire quelli che vuole rovinare.
Politici in fuga dagli elettori
L’elenco è tristemente lungo
di Marco Travaglio
L’elenco dei politici in fuga dagli elettori è lungo, sterminato. L’ultimo è Piero Fassino, pizzicato da alcuni ragazzi delle Agende Rosse in piazza Navona mentre manifestava spudoratamente contro il bavaglio. Lui che, quand’era segretario dei Ds, guidava la coalizione detta comicamente “Unione” che nel 2007 votò unanime alla Camera insieme al centrodestra la legge bavaglio Mastella, salvo 9 astenuti o non partecipanti al voto (Giulietti, Grillini, Nicchi, Cannavò, Zaccaria, Carra, De Zulueta, Poletti e Caldarola).
Il bavaglio Mastella era, se possibile, ancora peggio dell’ultima versione del bavaglio Alfano: vietava “la pubblicazione, anche parziale o per riassunto”, di tutti gli atti di indagine anche se non più coperti da segreto, cioè dei verbali ma anche delle intercettazioni, fino all’inizio del processo (il bavaglio Alfano, almeno, il riassunto lo consente per tutti gli atti, intercettazioni escluse) e degli atti del fascicolo del pm addirittura fino alla sentenza d’appello; puniva i giornalisti con la galera fino a 30 giorni o con multe fino a 100 mila euro per ogni articolo (le multe del bavaglio Alfano arrivano a 10 mila euro ad articolo, o a 20 mila in caso di intercettazioni). Come si vede nel filmato, appena i ragazzi gli contestano l’inesistenza del Pd all’opposizione e gli inciuci dei Ds quand’erano in maggioranza, Fassino si attizza come un fiammifero, perde la calma, ammonisce i malcapitati col ditino alzato e poi se ne va bofonchiando a caccia di telecamere.
Al crepuscolo della prima Repubblica, 18 anni fa, quando la politica era screditata esattamente quanto oggi, i politici stavano molto attenti agli umori dei loro elettori. Al punto che, per tentar di recuperare un minimo di credibilità, si spogliarono dei due più formidabili scudi della Casta: abolirono l’autorizzazione a procedere per indagare su di loro e portarono ai due terzi la maggioranza necessaria per approvare amnistie e indulti (cioè, nella tradizione italiota, autoamnistie e autoindulti). Il che non bastò a frenare la marea montante del discredito, che alla fine li travolse, almeno per un po’. Ma almeno ci provarono, dimostrando un barlume di sintonia con l’elettorato inferocito e di rispetto democratico per i cittadini. Quelli di oggi, che poi sono in gran parte le seconde file di allora, per giunta invecchiate di vent’anni, non intravedono neppure le avvisaglie dello tsunami che sta per travolgerli tutti. Anziché fermarsi a parlare con chi li contesta, cospargersi il capo di cenere, chiedere scusa, promettere di non farlo mai più e sperare che la gente abbocchi, la sfanculano spocchiosi e portano a spasso i loro monumenti pieni di crepe. Peggio per loro. Dio fa impazzire quelli che vuole rovinare.
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