domenica 18 aprile 2010

L'Afganistan ha bisogno di loro

Li hanno liberati! Matteo Dell'Aira, Marco Garatti e Matteo Pagani sono liberi!



Ecco alcune testimonianze di Matteo, pubblicate sul sito di emergency poco prima di essere arrestato, che raccontano con poche parole pesantissime la crudeltà della guerra che tocca e distrugge la vita dei bambini afgani.

afganistan: 18 febbraio 2010

Anche a Nadali, altro distretto non lontano dall'ospedale di Emergency a
Lashkar-gah, stanno combattendo ormai da giorni.
Akter Mohammed è arrivato poco fa con il padre Wali Jan, un uomo di almeno 60 anni con una folta barba bianca.
Un proiettile, uno solo, gli ha passato la testa da parte a parte.
È ancora vivo e lo stanno operando.
Il padre urlava e si dibatteva il petto, non solo per quello che hanno fatto a suo figlio, ma anche per il modo.
Akter era in casa sua, dietro a una finestra su cui batteva il sole.
La sua curiosità l'ha spinto ad avvicinarsi per vedere cosa stava succedendo fuori, con tutti quei rumori di blindati e di armi.
Un soldato ha intravisto una sagoma dietro il vetro e ha sparato. Colpo singolo alla testa.
Poi gli altri sono entrati in casa, urlando e facendo alzare le mani al padre, spingendolo con forza contro il muro.
In un angolo, sotto la finestra, hanno visto il risultato del proiettile esploso contro la sagoma che appariva alla finestra.
Un bambino di nove anni. Nove.
Appena l'hanno visto a terra ferito e spaventato, se ne sono andati. Senza una parola.
Non si abbandona così nemmeno un cane.

afganistan: 19 febbraio

Gulaly ha una bellissima treccia di capelli scuri scuri e due occhi chiarissimi.
A Dilaram, altro villaggio dopo il distretto di Grishk, era davanti a casa.
Stava curando i pochi animali che molte famiglie afgane hanno e che permetteno loro di sopravvivere.
Ha sentito i rumori della guerra avvicinarsi, ha visto il fratellino più piccolo che si stava allontanando troppo.
E’ corsa da lui, lo ha preso in braccio ed è corsa verso casa.
Appena entrata, dopo essersi seduta, ha sentito una grande fitta di dolore e un intenso bruciore al fianco destro.
Allora la mamma l’ha guardata, ha visto un buco nei vestiti, del sangue.
Girandola ne ha visto un altro di buco, nella schiena,e ancora sangue.
Il padre l’ha carica in macchina, quella dello zio, hanno fatto pochi metri ma sono stati fermati.
Non si può passare, è ormai tardi, dicono gli stranieri.
Così la riportano in casa, ascoltando i suoi lamenti per tutta la notte.
Di mattina presto riescono finalmente a partire.
Gulalay è arrivata all’ospedale di Emergency a Lashkar-gah nel primo pomeriggio, dopo quasi 24 ore dal colpo di proiettile che l’ha ferita. E’ stata operata subito e ora, nonostante qualche drenaggio, sta bene, ma non ha nessuna voglia di sorridere.
Gulalay ha 12 anni.
Ennesimo ‘effetto collaterale’.

afganistan: 20 febbraio

Khudainazar è un ragazzino di 11 anni, con la faccia sveglia.
Era fuori dalla sua casa, a Nadali, era andato a riempire le taniche di acqua.
Improvvisamente ha sentito un gran bruciore e ha lasciato cadere l’acqua che stava trasportando.
E’ arrivato, dopo mille peripezie ed un viaggio estenuante, al nostro ospedale con una ferita da proiettile che è entrato all’inguine sinistro ed è uscito dal gluteo destro.
Proiettile sparato da ‘stranieri vestiti da guerra’.
E sì che non è carnevale, qui.
Per sua fortuna nessun organo vitale è stato danneggiato, stentavamo a crederci anche noi.
Non appena è arrivato, ha chiesto di Akter, il ragazzino che abbiamo ricevuto l’altro ieri con la testa trapassata da un proiettile.
E’ un suo amico, sono vicini di casa, giocano sempre insieme.
Auguro loro di poter un giorno raccontarsi a vicenda questa loro tragedia, davanti ad una tazza di te', mentre fuori i rumori della guerra saranno finalmente scomparsi.

afganistan: 21 Febbraio

Fazel Mohammed ha due occhi azzurri che parlano.

Il suo piccolo corpo è già pieno di cicatrici, ricordi di gioco e di malattie che da noi sono scomparse ormai da anni.

Una delle poche zone del suo corpo ancora intatte erano le ginocchia.
Ci ha pensato un proiettile, che lo ha rovesciato a terra mentre giocava in giardino, a lasciargli un bel segno.

E’ arrivato da noi grazie ad uno zio dopo tre interi giorni in cui non si è potuto muovere da casa sua,a Marjah.

Ora avrà anche lì due belle cicatrici, quelle del foro di entrata e del foro di uscita di quel maledetto pezzo di metallo.

Si è già messo in piedi, vuole andare a casa, è preoccupato per i suoi familiari.
Sembra un uomo, ma ha 10 anni.
Da noi i bambini di dieci anni fanno la quinta elementare.
E non rischiano la vita per la guerra.

afganistan: 22 febbraio

Stavamo per andare a casa, verso le 8 di sera, quando ci chiamano dal Pronto Soccorso: sono arrivati due feriti, uno da proiettile e uno da scheggia, stabili ma con ferite vecchie di 7 giorni.
Quando arriviamo, c’è una macabra sorpresa: due bambini, fratelli, seduti sulle sedie con una mano ciascuno bendata e sporca di sangue.
Il più grande, Majeed Gul, ha 7 anni, e ha perso un dito della mano destra.
Il più piccolo, Ghami, ha 5 anni e ha perso un dito della mano sinistra.
Sono troppo stanchi e spaventati per lamentarsi del dolore.
Il padre, un omone enorme, è riuscito ad uscire da Marjah solo oggi e ha fatto un viaggio pericoloso e lungo per poter portare i suoi due bambini al nostro ospedale.
Si fermerà anche lui per la notte, ormai fuori è buio e lui è stremato.
I suoi bambini riceveranno le cure necessarie, in un ambiente pulito, accuditi da staff preparato, insieme ad altri bambini con altre bende in altre parti del corpo.
Sperando che ciò possa alleviare almeno un po’ l’orrore che hanno respirato nell’ultima settimana.

afganistan: 23 febbraio

Verso le 10.40 della mattina, alla stazione degli autobus di Laskar-gah, è esplosa una bomba.

Abbiamo sentito molto bene il rumore dell’esplosione dal nostro ospedale e il nostro staff si è subito dato da fare per capire quanto vicino fosse successo.

Dopo una ventina di minuti sono arrivati 22 feriti. Abbiamo messo in atto il ‘Mass Casualty Plan’, il protocollo che adottiamo in caso arrivino nello stesso momento un gran numero di feriti.

Tre sono arrivati morti, un ragazzo è deceduto durante l'operazione.
Tutti gli altri stanno bene, alcuni di loro sono già stati dimessi.

E come sempre in queste situazioni extra-ordinarie, la risposta dell’ospedale è stata commovente: ognuno ha aiutato, ognuno ha contribuito alla salvezza dei feriti e allo svolgersi veloce di tutto il processo.

Alcuni dello staff che erano di riposo sono venuti in ospedale senza nemmeno che li chiamassimo, per aiutare la loro gente. Persone sconosciute sono venute a donare il sangue spontaneamente.

Alla fine di tutto, il nostro farmacista Safiullah, un ragazzo timidissimo e molto educato, è venuto a chiedere se poteva chiamare casa per assicurarsi che nessuno dei suoi familiari fosse rimasto ferito. L'ha chiesto solo dopo che tutti i pazienti avevano ricevuto le cure adeguate…

afganistan: 27 Febbraio

Sono arrivati stamattina al Pronto soccorso dell'ospedale di Emergency a Lashkar-gah, verso le 11.00.
Ci stavano in due in una sola barella, tanto erano piccoli.
Nagibullah, 5 anni, schegge di bomba su tutto il corpo.
Naquibullah, 7 anni, un piede ‘esploso’ e tante schegge dappertutto.
Sono fratelli, arrivati con l’elicottero da guerra.
Vengono da Marjah, l’incidente’ è accaduto stamattina presto.
C’era anche il padre, con loro, Abdul Walli. Quando abbiamo dovuto spiegargli che al più grande sarebbe stata amputata la gamba, ha voluto vedere la ferita e ha chiesto a suo figlio di tentare di muovere quello che rimaneva del piede.
Stavolta non abbiamo voluto sapere cosa stavano facendo, non c’è nessun motivo al mondo che possa giustificare questo orrore chiamato 'guerra'.

afganistan: 3 Marzo

Sono arrivati all'ospedale di Emergency a Lashkar-gah alle 19.15, con il loro papà Anar Gul, tramortiti dalle ferite e dallo spavento.
Bambini come tutti i bambini del mondo, che in giardino giocano tra loro.
Solo che in questo paese nei giardini delle case si possono trovare oggetti molto strani, che suscitano la curiosità soprattutto dei più piccoli.
Uno di loro ha cominciato a tirare sassi all'oggetto sconosciuto, ma visto che nulla succedeva, ha pensato di dargli fuoco con un accendino trovato chissà dove.
L'ordigno è esploso, e ha ucciso subito Masullah, 6 anni e Safiullah di 11.
Sharifullah, 7 anni, è arrivato da noi pieno di schegge su tutto il corpo.
Ed insieme a lui, è arrivata la sorella, Rahmat Bibi, con due brutte schegge che le hanno perforato la pancia.
I chirurghi l'hanno operata subito, la mascherina per l'ossigeno era quasi più grande del suo faccino.
Perchè Rahmat Bibi ha circa 1 anno. E ha già incontrato la follia della guerra.

afganistan: 8 marzo 2010

Oggi siamo contenti.
Roqia, Gulalay, Said Rahman, Khudainazar, Fazel, Ali Mohammed, Akter Mohammed, Majeed Gul, Ghami, Najibullah, ricoverati nelle passate settimane all’ospedale di Emergency, sono stati dimessi e stanno bene.
Naquibullah, l’ometto di 7 anni, finalmente ha sorriso dopo una seduta di solletico, nonostante abbia perso una gamba. Ora gira nelle corsie sulla sedia a rotelle per salutare gli altri pazienti: chissà se pensa ai suoi due fratelli che sono morti durante l’attacco a Marjah.
Per tutto il tempo del ricovero, Sharifullah, 8 anni, ha letteralmente ‘protetto’ la sorellina Rahmat Bibi di un anno, che si calma solo quando è abbracciata a lui.
Per fortuna oggi è arrivata anche la mamma di Bibi, che così ha potuto allattarla: in questi giorni la piccola ha rifiutato qualsiasi cosa le venisse offerta, dal latte in polvere ai dolcissimi frullati di frutta.
Non la vedevamo dal giorno del ricovero di Bibi. Si è scusata con le infermiere per l’assenza: nel frattempo, ha dovuto seppellire gli altri due suoi bambini morti nello stesso incidente…

afganistan: 31 marzo

Alle 11.00 di questa mattina, abbiamo iniziato a ricevere i feriti di un’esplosione avvenuta nel villaggio di Babaji, a mezz’ora di macchina da Lashkar-gah.
Era giorno di Mellà, il mercato tradizionale che si sposta ogni giorno in un villaggio diverso.
La gente lavora sodo tutta la settimana per portare i propri prodotti da vendere al mercato. Si trova veramente di tutto, dall’artigianato, agli animali, ai vestiti, agli alimentari.
Improvvisamente, in mezzo alla folla, c’è stata una violentissima esplosione e poi urla, grida e sangue dappertutto.

La prima ambulanza ha portato all’ospedale di Emergency 6 bambini, feriti e terrorizzati. Gambe, braccia, mani, visi pieni di sangue e bende. Non uno che piangesse.
Abbiamo perso il conto delle ambulanze che sono entrate dal nostro cancello.
L’ultima ha trasportato Noor Ali, sette anni, due ferite sulla natica e sulla coscia destra.
Era alla fiera anche lui con suo padre, per comprare delle pecore.
All’improvviso c’è stata l’esplosione: tra la gente che scappava urlando, ha visto l’asino con cui erano arrivati a terra, morto.
Noor Ali era inconsolabile, ma non per il dolore delle ferite: nell’esplosione avevano perso il bene più importante per il sostentamento della sua famiglia.
In tutta la giornata, abbiamo ricevuto 29 pazienti: 20 sono stati operati, 9 sono stati medicati e torneranno fra due giorni per la visita di controllo.

Matteo, Lashkar-gah

4 commenti:

Nadia ha detto...

Mi chiamo Diego Cugia, detto Jack Folla, facevo l’autore, lo facevo alla radio e alla Tv, fondai un movimento, “Gli invisibili”, talmente invisibili che se ne vedono pochissimi, parlo di me al passato, sono estinto come le foche monache o le betulle nane, da più di tre anni non posso mettere piede in una radio o in una televisione di questo Reame, sono estinto perché qualcuno ha usato l’estintore, infatti certe parole bruciano, lasciano ustioni sulla coscienza e le ustioni son brutte da vedere, e allora bisogna spegnerle le parole, come si fa per estinguere le fiamme.

Estintore e silenziatore sono gli strumenti della dittatura mediatica, di questo fascismo sottile, i nuovi pompieri del potere hanno sostituito manganello e olio di ricino, oggi non serve spedire i dissidenti al confino, da noi basta e avanza un clic, una lucetta rossa che si spegne, uno studio radiofonico vuoto, buio, un microfono col cappuccio, non sei più in onda, così sei isolato, sei zombie. E “Zombie” è stato il titolo del mio ultimo programma alla radio, Radio24, perché a Radiorai mi avevano già estinto, adesso sono definitivamente scomparso, amen. Io non sono un eroe, né un martire, ero solo un italiano che parlava con sincerità.

Da bambino mio nonno alla domenica mi portava lassù, sulla terrazza del Pincio. Mi portava a vedere il teatrino di Pulcinella. Pulcinella veniva preso a manganellate in testa dal carabiniere e moriva. E da morto strillava: “A carabiniè!” Dio mio quanto mi piaceva questa battuta. Allora il carabiniere gli diceva: “Zitto, sei morto, e i morti non parlano.” E Pulcinella rispondeva: “E io voglio parlà!” Ecco, oggi Gino Strada mi ha risorto e io voglio parlà. Ma non di me, chi se ne fotte di me, l’io fa schifo, io-io-io il raglio dell’asino, no, voglio parlare delle parole, che in Italia non sono più quelle di una volta, come mio nonno diceva delle stagioni. Per esempio proprio queste: le parole martire o eroe.

Un mercenario armato fino ai denti, con un elevato ingaggio economico, che veniva ucciso in zona di guerra, un tempo era un soldato professionista morto nell’espletamento del suo dovere. Che nel caso di un soldato è il dovere di uccidere. Un mestiere (per questo li pagano tanto) che mette in conto l’eventualità contraria, quella di essere ucciso. Da noi, invece, oggi un mercenario morto in guerra armato fino ai denti è un eroe.

Ai tempi in cui nonno mi portava a vedere Pulcinella, -mio nonno era siciliano- mi educava al concetto che i mafiosi erano gentaccia, mala pianta, delinquenti. Oggi il genitore politico di tutti noi italiani, il presidente del consiglio, ci educa al concetto che un mafioso di nome Mangano è un eroe. (segue)

Nadia ha detto...

Ma da qualche giorno, in Italia, è accaduto qualcosa di clamoroso, qualcosa che ha scombinato definitivamente il mio sistema di valori, tanto che mi sto rivoltando nella tomba. (Tra parentesi sono sepolto qui a Roma, se volete portarmi un fiore sto in via Salaria, a Villa Ada, la prima panchina a destra). Che vi stavo dicendo? Ah si. Il fatto clamoroso. Prima però devo fare una doverosa premessa. Come tutti gli scrittori io ero un narcisista di merda. E’ brutto, è puzzolente essere narcisisti, e ci sono cascato anche stavolta, da resuscitato, porca pupazza l’ho rifatto, vi ho parlato di me, di mio nonno, di Pulcinella e di quella cosa perduta che amo più di una donna perduta: la radio. Ma proprio perché ho questo difetto…proprio perché sono un narcisista, un egoista… io amo chi ama gli altri. Io amo chi si dona. Chi rischia la propria vita per salvare quella degli altri, ecco, quello per me è un eroe. Un faro, un esempio, un modello da imitare.
E per tutta la vita mi sono schiaffeggiato dicendo “Impara da questi, scordati del tuo stupido te stesso, donati, datti agli altri e poi dimenticalo.”

C’è un bellissimo verso di un poeta francese, René Char, dedicato agli scrittori, che dice “Affrettati a trasmettere la tua parte di meraviglioso, di ribellione, di amore, e poi disperditi con la polvere. Nessuno saprà la vostra unione.”

Fine della premessa. Allora cos’è successo di nuovo, di clamoroso in Italia? Quale altra parola ha mutato radicalmente senso? Una delle nostre più belle parole, una di quelle che gli italiani dovrebbero lucidare come l’argenteria di casa: volontario. Volontario: il contrario del narcisista.

Fra i miei ricordi di zombie ce n’è uno che mi è particolarmente caro. Quand’ero Jack Folla una ragazza chiese d’incontrarmi prima di partire da volontaria per un Paese africano. Venne a trovarmi qui a Roma. Aveva appena 19 anni, dei sandali da frate, una gonnellina a fiori, e degli occhi così azzurri che il cielo stesso, a guardarli, si sarebbe dovuto vergognare. Stava partendo per andare a dare una mano in un ospedale dei padri comboniani. “Ma vai così, a Fiumicino, adesso, da sola?” Questa piccola infermiera fece la faccia di chi scende un momento da casa per prendere il latte. “Certo. Perché?” E’ morta di Ebola pochi mesi dopo. E in Italia lo sappiamo in tre: il suo ragazzo, sua mamma e io.

Anche per questo, da allora, sono amico di Emergency. Perché stimo queste persone nate per donarsi che poi si sperdono con la polvere, in un’unione di fuoco. E non c’è estintore che tenga. Le loro vite sono grandi notizie accese eternamente che la televisione non ci dà, ma che ci colmano di senso la vita. Perché sono le loro vite che ci danno forza. A me per esempio, da’ forza che esista Gino Strada, e migliaia e migliaia di volontari di Emergency e che ci siate tutti voi, per loro, in questa piazza. Ho dunque appreso dalla televisione italiana che anche questa parola, volontario, nel loro nuovo vocabolario, è cambiata. Ho sentito un ministro, appena saputa la notizia dei tre operatori di Emergency portati via dai servizi segreti afghani (perché, secondo loro, stavano ordendo un attentato), un ministro che ha detto, qualora la notizia si fosse rivelata vera, che si sarebbe vergognato di essere italiano, laddove non si era affatto vergognato di proclamare eroe un mercenario armato fino ai denti. La novità di oggi, quindi, il nuovo sinonimo italiano, è che i volontari sono “terroristi”. I mafiosi eroi di cui vantarsi, i mercenari martiri di cui andare orgogliosi, e i volontari di Emergency terroristi di cui vergognarsi. Neanche Pulcinella l’avrebbe sparata così grossa. Ma in Tv l’hanno confermata: “I tre volontari hanno confessato! HANNO CONFESSATO!”. Chirurghi bombaroli. Non ci si crede. Anche le cazzate non sono più quelle di una volta.

eroi.html

Nadia ha detto...

L’altra sera, ad Annozero c’era coso, non mi ricordo mai il nome, quello che si chiama come il burro danese che ho in frigorifero: Lutpak. Ah, no, Luttwak. Ecco Luttwak- faccia- da- burro ha dichiarato che tutte le Ong, le organizzazioni non governative che sfamano le popolazioni in fuga dalle zone di guerra, sono colpevoli di prolungare la guerra. In sostanza il concetto era il seguente: se tu li sfami, invece di lasciarli morire, (che la guerra finirebbe per mancanza di gente da ammazzare), tu, si proprio tu, buona e brava organizzazione umanitaria, sei una guerrafondaia! Se noi paesi occidentali siamo costretti a prolungare la guerra, che adesso si chiama missione di pace, la colpa è tua che ci sfami le nostre vittime e ce le rinvigorisci! Erano mezzi zombie, e tu che mi combini? tu me li fai risorgere davanti così io sono costretto a sparargli di nuovo per colpa tua. Cristo!

E’ proprio vero, caro nonno: le parole non sono più quelle di una volta. Noi sì. Invecchiati, ingrassati, mezzivivi e mezzi morti, noi continuiamo a pensarla con la spietata, celeste franchezza di quando eravamo bambini.

Da adulto, i miei Tremal-Naik, Nembo Kid e Flash Gordon, i miei eroi, sono diventati quelli di Emergency, gli uomini che si danno nell’anonimato, i non narcisisti, quelli che si donano agli altri, salvano la loro vita e si disperdono con la polvere. E io sto con loro. Sono loro i miei eroi, i miei monumenti di polvere che nessuno vede. Non hanno medaglie, né funerali di Stato. I politici li detestano perché questi medici custodiscono la più atroce delle verità: in guerra muoiono più bambini che soldati. E questa è una di quelle notizie che non deve mai arrivare alla pancia degli italiani che si informano in Tv. La loro pancia dev’essere piena di burro Luttwak. Di eroi a rovescio. Di parole tradite. Di guerre chiamate pace per cui nessuno deve vederne il sangue. Perciò fuori dalle palle i giornalisti, le telecamere, i fotoreporter, i volontari e adesso anche i chirurghi che ricuciono quel che noi, missionari di pace, abbiamo fatto a brandelli. Se lo dici, se parli, sei isolato, sei morto. Statevi tutti zitti e buoni davanti alla Tv. Vi diremo noi, a cose fatte, chi era il buono e chi era il cattivo.
Io non sto zitto, voglio parlare da morto come Pulcinella, non sto buono, non mangio il burro cattivo, e non guardo la Tv. Io sto con Emergency.

* l'intervento di Diego Cugia alla manifestazione per Emergency in piazza San Giovanni a Roma

_http://www.articolo21.org/989/notizia/i-nostri-

Nadia ha detto...

Link corretto:

_http://www.articolo21.org/989/notizia/i-nostri-eroi.html