Testamento biologico, legge e arte
La Svizzera fa i conti con la morte
un articolo da Repubblica
di VALERIO GUALERZI
NEUCHATEL (Svizzera) - A Neuchatel è una magnifica giornata di primavera. Il sole brilla sul lago, in lontananza si scorge il profilo maestoso delle Alpi ancora cariche di neve e una leggera brezza rende l'aria fresca al punto giusto. Eppure anche oggi, come avviene da circa un mese, oltre cento abitanti di questa piccola cittadina della Svizzera francofona sceglieranno di sprofondarsi per qualche ora nel più gelido degli inverni. Non il freddo meteorologico, ma quello della propria esistenza, andando a visitare la mostra "E se un giorno io muoio". La rassegna, organizzata dalla fondazione per l'assistenza ai malati terminali Chrysalide, spiega come rendere accettabile e - se la parola non apparisse quasi oltraggiosa - come valorizzare le ultime ore di chi sa di avere i giorni contati. La mostra, con la sua "straordinaria" affluenza malgrado la sfilza di immagini e messaggi crudeli, è il simbolo di una Svizzera che mai come in questi giorni vuole fare i conti con la morte.
Per arrivare qui da Milano bastano poche ore di auto, ma per molti altri aspetti la distanza va misurata in anni luce. In un celebre film Orson Welles elogiava la conflittualità italiana, premessa del Rinascimento, sentenziando che secoli di pace avevano fatto degli svizzeri un popolo incapace di andare oltre l'invenzione dell'orologio a cùcù, ma non è vero. "Anni e anni di guerre di religione ci hanno fatto capire che il dialogo è un valore fondamentale e che in pace si vive meglio", spiega Alberto Bondolfi, docente di Teologia a Losanna. L'ultimo esempio della validità di questo modello arriva dalla recente approvazione della riforma del codice civile in materia di diritti del malato con l'introduzione dell'obbligo per tutti i Cantoni (undici ne erano ancora privi) di garantire le "direttive anticipate", quello che in Italia chiamiamo testamento biologico.
Se il contenuto delle modifiche ci può essere da esempio, il metodo con cui ci si è arrivati è una vera lezione. "La nuova norma - spiega Olivier Guillod, docente di diritto privato all'Università di Neuchatel che ha contribuito alla stesura del testo in qualità di consulente - prevede la possibilità di lasciare delle indicazioni sulle cure mediche alle quali si vuole o non si vuole essere sottoposti in caso di perdita della capacità di intendere e di volere", compresa la tanto dibattuta alimentazione e idratazione artificale. "Si tratta di indicazioni vincolanti - precisa - alle quali il medico, salvo specifici casi di coscienza, deve attenersi". "La norma - ricorda invece il professor Bondolfi, che ha lavorato alla riforma da membro di un'apposita commissione di etica - prevede inoltre la possibilità di indicare un 'rappresentante terapeutico' di queste ultime volontà al quale si può anche decidere di dare carta bianca".
Un bel passo avanti quindi nell'affermazione del diritto di autodeterminazione dell'individuo, ma ciò che visto da Roma appare ancora più straordinario è la serena concertazione con la quale si è arrivati a riformulare la legge. Gli svizzeri sono chiamati in continuazione ad esprimersi attraverso i referendum su qualsiasi dettaglio della propria vita, ma a nessuno è venuto in mente di convocarne uno per fermare la riforma. Tra i chi è particolarmente vigile sul tema del testamento biologico ci sono da sempre i diversamente abili, comprensibilimente allarmati dal fatto che simili legislazioni possano diventare "cavalli di Troia" per qualche nostalgico dell'eugenetica o più semplicemente per qualcuno interessato ad erigersi a giudice su quale sia veramente una vita meritevole di essere vissuta. "Siamo comprensibilmente preoccupati che qualcuno ne possa voler approfittare in futuro, ma siamo consapevoli che l'introduzione delle 'direttive anticipate' era un passaggio indispensabile", spiega Ruedi Prerost, portavoce di Proinfirmis, la più grande associazione elvetica per la tutela dei diritti dei diversamente abili. "Ora - aggiunge - bisogna portare avanti la battaglia per rendere le nostre vite davvero uguali a tutte le altre".
Testamento biologico, legge e arte La Svizzera fa i conti con la morte
E neppure i vescovi, così interventisti nel dibattito italiano, qui in Svizzera hanno avuto da obiettare. "La Chiesa cattolica - spiega il professor Andrés-Marie Jerumanis, membro della Commissione di bioetica dell'episcopato svizzero - non è voluta entrare nel merito, anche se per noi l'alimentazione assistita non rientra tra i trattamenti assimilabili alle cure. Prendiamo atto che le 'direttive anticipate' sono il frutto della società nella quale viviamo, per noi si tratta di far sentire la voce profetica della Chiesa ed evitare che questo primo passo ci possa portare alla deriva".
Un atteggiamento che si estende ormai persino al tema ancora più spinoso del "suicidio assistito". La possibilità di aiutare qualcuno a morire è "tollerata" dall'articolo 115 del codice penale svizzero che punisce il reato in maniera simbolica se non compiuto per "motivazioni egoistiche", ovvero per interessi pecuniari. Si tratta di un istituto vecchio di circa un secolo che non ha nulla a che vedere con le malattie incurabili, ma piuttosto con una visione romantica della necessità di salvare il proprio onore. Ora il governo vuole mettere mano anche al codice penale per rivedere questo aspetto della morte, evitando che la "tolleranza" possa alimentare comunque un business nascosto, facendo moltiplicare i casi limite avvenuti negli ultimi anni. Ma anche in questo caso a nessuno è venuto in mente di spingere per vietare questa possibilità. Compresa la Chiesa cattolica, per la quale vale lo stesso ragionamento che per le "direttive anticipate".
"Non sempre - ricorda il professor Jerumanis - ciò che è legale è etico, ma dobbiamo confrontarci con l'attuale cultura politica e democratica, dialogando per evitare derive in cui da fatto 'privato' tra due persone legate da sentimenti particolari questa pratica possa diventare un'opzione sanitaria 'di Stato'. Non pensiamo che fare una battaglia su questo sia positivo, molto meglio il dialogo". Il tanto deriso orologio a cùcù degli svizzeri segna un'ora che in Italia non è ancora arrivata.
(21 maggio 2009)
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