sabato 22 agosto 2009

La politica vera

Riporto un post di Piero Ricca che apre una finestra sulla politica vera, non la fiction a cui siamo abituati. PD e PDL a confronto sul campo. Leggere queste cose è illuminante. Questa ciurmaglia al potere riesce sempre a superare se stessa. Leggete il post:

Gli amici Duccio ed Elia, in Versilia, hanno assistito, stoicamente astenendosi dal lancio di ortaggi, a un imperdibile dibattito fra Denis Verdini, triumviro del Pdl, e Piero Fassino, marito di Anna Serafini. Ecco il resoconto di Duccio, da cui emerge un Verdini in forma smagliante.

Marina di Pietrasanta, festival de “La Versiliana”, spazio “Il caffè”. In mezzo ad una pineta incantevole, martedì 18 agosto, s’è tenuto un dibattito sul tema: “Il futuro politico: di destra o di sinistra?”. Gli ospiti d’onore sono due “nuovi” per eccellenza: Piero Fassino e Denis Verdini. Il clima è quello della chiacchierata tra vecchi colleghi. Arrivano insieme, Denis e Piero, parlottando amichevolmente.

Il moderatore è Romano Battaglia, un trimalcione vestito di tutto punto, incapace persino di lanciare due secondi di pubblicità. La domanda jolly di Battaglia vien posta nel finale: “Ma allora la D’Addario chi la pagava? E’ vero che dietro a tutto c’era D’Alema?”. Verdini bofonchia, Fassino finge di non aver prestato attenzione. Alla fine però è lo stesso Battaglia a censurarsi: “Parliamo di cose serie e non di fesserie e chiacchiericcio”. Applausi del pubblico.

Due i giornalisti ficcanti del dibattito: Angela Marielli e Mario Prignano. La prima del Gr Rai, il secondo di Libero. La prima si smarca e mette in mostra con una scomoda domanda che irriterà persino i ben vestiti tra il pubblico: “Come ve la immaginate l’Italia nel 2030?”. Uno tra il pubblico urla in toscano: “in mutande!”.
Prignano è ancor più sottile. Mentre Fassino continua imperterrito a dimostrare la propria inutilità politica, dal momento che rinnega ogni principio base di “sinistra”, Prignano solleva – giustamente – il quid della mediaticità del successo di Debora Serracchiani. Fassino, che se la ritrova in squadra a sostegno di Franceschini, offre il fianco: “in politica l’importante è anche saper esser mediatici; ormai la politica è mediatizzazione”. Verdini: “Fassino è molto berlusconiano in questo”. Prignano gongola: “allora avevamo ragione noi!”. Noi chi? Mistero.

I temi emersi durante il teatrino sono sostanzialmente due: quanto ci stanno “sulle palle” gli immigrati e, ma non in seconda luce, che cosa mai farà la Lega Nord per indebolire San Silvio. Verdini è in forma smagliante, Fassino si prende “buu” e fischi aspri. Il primo si vanta di meriti inesistenti o rilancia fandonie elevate a senso comune, il secondo è contestato come il solito sinistrorso inconcludente e solidale verso i clandestini.

Argomento Lega Nord: Fassino fa le coccole a Galan, governatore Pdl del Veneto, per spostare l’asse tra il Carroccio e il partito di Berlusconi. La geniale trovata dell’ex segretario Ds è quella di sostenere un’eventuale lista civica di Galan alle prossime elezioni. Come abbiamo fatto a non pensarci prima? La tifoseria Pd sparsa tra i tavoli de “Il caffè” si guarda un po’ sgomenta. Salta fuori ancora la storia dell’alleanza con il partito di Casini e Cuffaro (oltreché di De Mita). Il problema è che di queste noiose querelle non se ne fa niente nessuno. “Le persone presenti volevano sentire risposte ai problemi concreti”, sbotta un signore durante lo “spazio domande”. Dopo una buona mezz’ora di “Galan sì, Galan no”, ci si immerge nella palude “immigrazione sì, immigrazione no”.

Quando Fassino cerca maldestramente di imbastire un ragionamento su immigrati, colf e cultura dell’integrazione, Verdini lo ammutolisce con una favoletta da bar sport: “Piero, io sono andato in un albergo l’altro giorno. Sai che non c’era il Cristo (sic!) ma il tappetino per pregare?!”. Il pubblico è feroce, imbestialito. “Fassino, è colpa tua!”, butta lì un signore dal parterre “riservato” a imprenditori o politici del posto. I giornalisti dormono, il trimalcione vestito di tutto punto lancia ogni tanto “due secondi di pubblicità”. Sempre Verdini, questa volta alla giornalista del Gr: “A lei piace il velo?”. Elia, stremato dallo spettacolo, gli grida: “Meglio le veline, eh Verdini!”. Un signore in camicia aperta, crocefisso e moglie al seguito si volta con gli occhi iniettati di sangue: “Meglio le veline, certo!”.

Ma Fassino non ci sta: “io non sono mica uno che dice che siccome uno c’ha gli occhi e la bocca allora è mio fratello!”. Schiaffo alla Carta dei Diritti dell’Uomo. E poi ancora: “io quando il Governo faceva i respingimenti (termine inventato da La Russa per giustificare crimini contro l’umanità, ndr) ero uno di quelli che diceva sì”. Il quadro è piuttosto chiaro: Fassino cerca in tutti i modi di atteggiarsi a sceriffo dal pugno di ferro mentre Verdini attende la pausa dell’avversario per sparacchiare fesserie e cogliere applausi rabbiosi. A un certo punto Verdini rompe gli indugi: “Piero, a me il chador mi sta sulle palle!”. Fassino arretra, quasi con le orecchie basse.

Dopo qualche domanda del pubblico e la consegna di profumi e altri omaggi ai partecipanti al dibattito, termina nel tardo pomeriggio l’avvincente testa a testa. Pur non avendo detto niente, stravince Verdini. A questo punto Elia ed io ci avviciniamo al palchetto, sopra di noi la grande scritta che riporta gli sponsor de “La Versiliana”. Uno su tutti: il locale Twiga di Flavio Briatore. Fassino stringe mani e raccoglie qualche espressione di stima da parte di pochi sostenitori. Poi si fa vicino: “Piero, ma le telefonate di Latorre le autorizzate o continuate a salvarvi?”, Fassino sorridente: “Io in Senato non ci sto”; rincariamo la dose: “Lei è un leader di riferimento; perché non le avete autorizzate?”, Fassino: “Io le mie avevo detto di usarle”. Furbastro. “Ma lei non era indagato”, Fassino: “Ok”. Ancora: “Si dice cane non mangia cane”; Fassino sgattaiola via. “Perché volevate scalare una banca Piero?”. Fassino se ne va.

Verdini invece è circondato da telecamere, fan, tifosi e qualche doppiopetto. Ci avviciniamo anche a lui: “Verdini, a proposito dell’antimafia dei fatti, avere Dell’Utri in Parlamento è un segnale concreto di antimafia?”, Verdini fa il costituzionalista (lui): “la sentenza è di primo grado, voi volete uno stato che processi chi gli sta scomodo come avete fatto per Andreotti per poi dire che era innocente”. “No, fino al 1980 non è assolto, è prescritto. Il reato è commesso ma prescritto, per decorrenza dei termini”. Verdini la butta in vacca: “l’avete letta la sentenza Andreotti? voi volete i processi sommari, io sono con la Costituzione”. Proviamo a ricordargli Borsellino: “la questione morale l’ha mai sentita nominare?”. Verdini spazientito per la citazione ribatte: “quel processo è sbagliato, così come quello ad Andreotti”. Decide lui. Per un secondo si volta dall’altra parte. Rilanciamo: “ma il comune di Fondi lo sciogliete o aspettate ancora?”. Verdini morbido: “non c’è nessun indagato, non c’è fretta, il Viminale sta facendo accertamenti”. Da un anno. Tra una stretta di mano e un tiro di sigaretta, Verdini abbandona il palchetto. Appena fuori dallo spazio dibattiti mi prende a braccetto e fa per spiegarmi l’abc della politica: “Vedi, anche su Bologna, i giudici hanno sbagliato”. “E chi sarebbero stati, i palestinesi?”. Verdini si fa oracolo: “vedrai che tra poco ci saranno sviluppi”. “E lei che autorità ha per affermare una cosa del genere?”. Verdini, certo dei suoi antenati: “l’ha detto il presidente emerito Cossiga”. Eh beh. E poi ancora: “Fioravanti ha confessato tutti i suoi omicidi tranne Bologna, ci sarà un motivo no?”, questa la prova inconfutabile dell’innocenza del terrorista nero.

Nuovo salto d’argomento: “io ricordo un grande siciliano, Leonardo Sciascia”, e via ancora con la storia dei “professionisti dell’antimafia”, boutade cara a Vittorio Sgarbi. “Io sono contro la mafia e contro l’antimafia, io sono contro i pentiti”. Proviamo a ricordare la storia: “ma se anche Falcone rivendicò l’importanza dei collaboratori di giustizia, Tommaso Buscetta, Totuccio Contorno”. Verdini taglia corto: “quanti sono ’sti pentiti? Duemila! Son troppi, lo capisci? Cos’hai risolto con duemila pentiti? Niente, quindi non servono”. Poi un sobrio richiamo ai paradisi fiscali: “Ce li hanno tutti, la piccola Olanda ne ha quaranta, noi solo uno sotto controllo che è San Marino”. In conclusione, dopo l’ennesimo confronto con Elia sul caso Fondi e l’immobilismo del governo, Verdini strappa la “vittoria” quando ci si addentra nel tema “ballerine”. Di fronte alla contraddizione di un premier una volta al family day e una volta con l’ape regina, Verdini compie il miracolo: “tu sei credente?”. Noi: “che c’entra?”. Lui: “vedi, che te ne frega!?”. A lato giunge un signore sulla sessantina che ricorda a Verdini: “il presidente del consiglio è un personaggio pubblico, non può mentire!”; Verdini si supera: “vorrei vedere te a letto che cosa combini!”. Chapeau.

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