martedì 17 novembre 2009

Forza Daniele

Di seguito l'editoriale di Padellaro sul Fatto e un'intervista ad Ignazio Marino di Alessandro Ferrucci (sempre sul Fatto) sulla situazione della ricerca in Italia.

Dal Fatto di oggi:

Il 9 febbraio 2008 i genitori di Daniele, che oggi ha quasi tre anni, hanno scoperto che loro figlio era malato. Affetto da un morbo rarissimo: l’unico caso al mondo di una particolare forma di mutazione che causa la distrofia muscolare di Duchenne. In Italia 5 mila persone combattono contro questa malattia
e la sua forma meno violenta, la distrofia di Becker. I muscoli sono attaccati progressivamente: si cammina con sempre maggiore difficoltà finché – uno ad uno – vengono intaccati gli organismi vitali. L’unico modo per trovare una cura, è un progetto di ricerca finalizzato (anche) alla malattia di Daniele. E visto che in Italia non c’è, i genitori di Daniele lavorano all’unica soluzione: costruire quel progetto, raggiungendo i 250 mila euro necessari con una colletta. In Italia una persona ogni duemila abitanti soffre di una malattia rara: sono 435 le patologie ufficialmente censite, contro le circa 8000 esistenti.


Daniele e la politica distratta

di Antonio Padellaro

Naturalmente, la speranza di tutti è che il piccolo Daniele Amanti guarisca presto. Che la sua malattia si riveli meno grave perché, chissà, i medici forse si sono sbagliati. Oppure che si trovino i soldi per finanziare la ricerca sulle malattie rare e che il farmaco per curare quella particolare distrofia venga approntato in tempo. Ma si può vivere di speranze e di miracoli? Si può affidare tutto alla disperata lotta dei genitori? Alle collette improvvisate su Internet? Alla solidarietà delle persone che hanno risposto generosamente dopo aver letto il racconto di Luca Telese sul Fatto di domenica? Non che non si può se esiste uno Stato; e se questo Stato si prendesse cura dei cittadini finanziando sul serio la ricerca e non destinando ai laboratori poche briciole: meno della metà della Francia, un quarto della Svezia. Non si tratta di prendersela con questo o con quel governo, ma di accusare una mentalità distorta. Quella che per dare i soldi all’Alitalia, taglia le già scarsissime risorse.
Perciò la vicenda di Daniele spiega come peggio non si potrebbe la frase del professor Ignazio Marino al nostro giornale: “L’Italia sta svendendo il suo futuro”. Ciò che accade a Daniele riguarda anche i giornalisti. Sul Giornale un tale scrive che il nostro titolo sul bimbo da salvare è stato un modo per parlare male di Berlusconi. Il tale si tranquillizzi: a squalificare questo governo basta che a parlarne bene sia gente come lui. La domanda seria è un’altra e riguarda l’enorme spazio che l’informazione dedica all’incessante chiacchiericcio della politica, affidando i tanti casi Daniele ai ritagli di cronaca. Troppa attenzione al paese virtuale e troppo poca al paese reale significa distogliere la politica, e i politici, dalle loro vere responsabilità e sminuirne il ruolo. Essi dovrebbero con molta più attenzione occuparsi dei ragazzi ammazzati di botte in qualche cella. O dei piccoli malati abbandonati a se stessi. E non assillarci con gli insopportabili bla bla per strappare un titolo sui giornali o una battutina nei tg.



(FOTO ANSA)

STIAMO SVENDENDO IL FUTURO

Ignazio Marino: “La storia del piccolo Daniele Amanti è uno scempio e rappresenta bene dove va l’Italia”

di Alessandro Ferrucci

“Cosa ho pensato appena letto l’articolo su Daniele? Beh, che è uno scempio”. Tono basso, parole scandite, concetti duri. Ignazio Marino, una vita da luminare dei trapianti e ora, anche senatore del Pd, non è una persona portata all’eccesso: ma la vicenda del piccolo malato di distrofia l’ha colpito, molto. “Vede, alcuni pensano che i soldi per la ricerca siano riservati a persone bizzarre che giocano con delle provette. Insomma, fondi buttati. Poi, però...” Si fanno i conti con la realtà... “Esatto. Ed è emblematica proprio la vicenda apparsa domenica sul vostro giornale”. Cosa in particolare? “Vede, ora si parla di cellule staminali, di trapianti, o di tutta l’altra medicina definita moderna: queste tecniche nascono dalla ricerca. Quella che noi facciamo con grande difficoltà e in pochi casi”. Un esempio? “L’università di Pavia sta portando avanti un progetto dedicato a malattie simili a quella di Daniele. Lì hanno realizzato dello scoperte straordinarie iniettando delle staminali a cani affetti da distrofia: ebbene, da claudicanti, hanno ricominciato a camminare. Però, non hanno soldi per andare avanti”. E oltre a Pavia? “Altri esempi? Basta guardare all’Europa: nel 2000 abbiamo firmato un accordo con tutti gli altri paesi per portare i finanziamenti a ‘ricerca, innovazione e sviluppo’ al 3 per cento del Pil (prodotto interno lordo, ndr) entro il 2010. Sa cosa è successo?” È andata peggio? “Molto peggio: allora eravamo all’ 1,2 per cento; ora, con l’ultima finanziaria del governo Berlusconi, siamo passati allo 0,9 per cento: ultimi nel Continente insieme a Grecia e Portogallo”. Mentre gli altri paesi? “La Francia è al 2,2; la Germania al 2,5; Finlandia al 3,5 e Svezia al 4,2. Ah! Non dimentichiamo gli Stati Uniti: loro sono al 2,8. E la crisi c’è per tutti”. Per quanto riguarda i ricercatori, come siamo messi? “Le offro altri numeri: l’Italia ne ha circa 83 mila; la Francia è a 205 mila, la Germania a 280 mila, gli Usa quasi un milione e 400 mi-la”. Bene, allora tocchiamo l’argomento business: la ricerca porta guadagno, o è solo un costo? “Allora prendiamo la Finlandia, un paese grande quasi come il nostro, ma con una popolazione di circa 5 milioni di persone: lì hanno investito e, grazie a una serie di brevetti, sono riusciti a costruire la più grande azienda mondiale di telefonia cellulare. Le basta?”. Quindi, con solo 0,9 per cento di risorse impiegate, anche il prossimo futuro non sarà positivo... “No, per niente. Ogni cinque anni l’Europa lancia un bando per la ricerca, il ‘Programma quadro’, dove vengono stanziati 52 miliardi di euro, da assegnare a vari progetti di ricerca. In questi anni molti paesi hanno lavorato, investito, promosso studi e pubblicazioni per ottenere i soldi. La Francia, in particolare, ha lavorato molto bene sulle malattie neurogenerative, settore simile a quello che interessa Daniele. Noi, invece, siamo indietro quasi su tutto. E con le nostre menti più brillanti che preferiscono andare all’estero perché sanno di trovare paesi dove il valore viene privilegiato rispetto a logiche nepotistiche”. In sintesi, come giudica l’Italia? “Come una nazione che sta svendendo il suo futuro. Non c’è nessuna strategia. Vede, un individuo, dalle elementari fino all’università, costa allo Stato circa 500mila euro. E noi cosa facciamo? Nel momento in cui diventa produttivo lo lasciamo andare via, con paesi come gli Stati Uniti ben felici di accoglierli nel loro momento migliore. È come una squadra di calcio che cresce un calciatore dai pulcini fino alla prima squadra e al momento del debutto in ‘A’ lo offre, gratis, agli avversari. Le sembra normale?”. Proprio no..


Nessun commento: