Signornò
da L'Espresso in edicola
di Marco Travaglio
Quando l’Unione andò al governo nel 2006 e ricascò in tutti gli errori della volta precedente, Curzio Maltese parlò di “coalizione a ripetere”. Nel frattempo è nato il Pd, ha cambiato tre segretari in due anni, ha perso tutte le elezioni possibili e ora si presenta alle regionali in formazione Arlecchino: ora con la sinistra ora senza, ora con Di Pietro ora senza, ora con l’Udc ora senza.
In questa carnevalata c’è un unico comun denominatore: l’allergia alla questione morale e, in certi casi, pure a quella legale. In tutte le regioni del Sud i candidati del centrosinistra sono inquisitda L'Espresso in edicola
o addirittura imputati. In Campania Enzo De Luca vanta due rinvii a giudizio per associazione per delinquere, truffa, concussione e falso. In Puglia Nichi Vendola è ancora indagato per tentata concussione per le spartizioni nelle Asl, anche se due pm su tre sono orientati ad archiviare. In Basilicata il governatore ricandidato Vito de Filippo ha ricevuto l’estate scorsa l’avviso di chiusura indagini (che di solito prelude alla richiesta di rinvio a giudizio) per favoreggiamento a un imprenditore ritenuto l’asso pigliatutto degli appalti per l’estrazione del petrolio. In Calabria, nel processo “Why Not”, il governatore replicante Agazio Loiero ha appena subìto una richiesta di condanna a 1 anno e mezzo per due abusi d’ufficio. In Sicilia, dove non si vota, il Pd sostiene la giunta anomala di Raffaele Lombardo, indagato per abuso d’ufficio dalla Procura e dalla Corte dei Conti per le assunzioni facili di venti giornalisti strapagati nel suo ufficio stampa.
Così, per la prima volta in 15 anni di Seconda Repubblica, il centrodestra candida personaggi intonsi da guai giudiziari e può rinfacciare al centrosinistra di non fare altrettanto. Il che rende flebili sino all’afonia le richieste di dimissioni avanzate da Bersani per Guido Bertolaso, appena indagato, e incomprensibile l’uscita di scena del sindaco di Bologna, Flavio Del Bono, per un’indagine da quattro spiccioli. Mentre l’Italia è scossa da scandali giudiziari che, secondo un uomo prudente come Paolo Mieli, “possono far saltare il sistema come nel ‘92”, il centrosinistra si mozza la lingua da sè, privandosi di un argomento di sicura presa elettorale come le “liste pulite”. Anzi lo regala alla maggioranza berlusconiana, con un ribaltamento paradossale e autolesionistico che nemmeno Tafazzi avrebbe saputo escogitare. Ma non basta ancora: il Pd non dice una parola sulla ricandidatura in Lombardia di Roberto Formigoni, eletto per ben tre volte fin dal 1995, in barba alla legge 165 del 2004 che vieta tre mandati di fila ai presidenti di regione. Formigoni è ineleggibile, ma da sinistra non s’ode uno squillo perché è ineleggibile anche Vasco Errani, che governa l’Emilia Romagna dal 2000 e si candida per il terzo mandato.
Finora molti elettori disgustati si turavano il naso e votavano il centrosinistra perché era meno peggio di Berlusconi. Ora, dopo 15 anni di inseguimento, sta per eguagliare il peggio. Non è meraviglioso?
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