domenica 21 febbraio 2010

Un nuovo modo di fare programmi di approfondimento

Dal Fatto di oggi...

Le urla scomposte dello squadrismo

di Paolo Flores d’Arcais

Questo giornale ha dovuto rammentarlo fin troppe volte: anche i rarissimi spazi televisivi non ancora appaltati al minculpop berlusconiano sono sistematicamente teatro di squadrismo mediatico, che tenta censura e bavaglio contro quanti – pochissimi – si ostinano ad argomentare razionalmente anziché berciare a dieci decibel. L’aggressione di cui è stato oggetto Marco Travaglio nell’ultima puntata di “Anno Zero” è solo l’ennesimo episodio, benché il più grave perché insistito e consentito oltre ogni limite di decenza. Lo squadrismo mediatico funziona così: a chi prova
con l’argomentazione razionale, e quindi rischia di convincere qualche milione di concittadini, il berlusconiano d’ordinanza tappa la bocca con l’olio di ricino della glossolalia di regime (glossolalia: s.f. La coniazione, talvolta patologica, di associazioni sillabiche prive di senso. Devoto-Oli, dizionario della lingua italiana) o col manganello di ingiurie e false accuse, vomitate come un man-tra. Mai che ad una argomentazione, fatta esprimere liberamente e ascoltare compiutamente, la “mascherina” di regime risponda con una argomentazione. La sua unica argomentazione è l’interruzione, la potenza delle corde vocali a surrogato dell’impotenza della ragione. Che senso ha, con questo andazzo, discutere ancora di par condicio? Perché si tollera, anche nelle ultime “riserve” di un giornalismo ormai in estinzione, la censura contro chi è ancora pensante, e vuole praticare il dia-logos ad armi pari? Perché anche questo genere di ospite non viene garantito nel suo diritto alla parola? Chi vuole imporre la violenza della censura dovrebbe esserne impedito, e nulla è tecnicamente più facile da realizzare in uno studio televisivo. Basta che il microfono aperto, oltre al conduttore, lo abbia un ospite alla volta, è la scoperta dell’acqua calda. E per favore non si tiri fuori la solfa che una trasmissione in cui ci si alterna a ragionare, senza schiamazzi e aggressioni, sarebbe noiosa. E’ vero il contrario, lo squadrismo mediatico che imbavaglia l’altrui parlare col rumore del proprio nulla belluino, toglie a chi ascolta il piacere di assistere ad una vera controversia, niente affatto “pacata”, aspra e anzi asperrima di giudizi e di argomenti, e di farsi poi una propria ponderata opinione. Sia chiaro, lo squadrismo fisico è, per un individuo che lo subisca, assai peggiore di quello mediatico. E ancora non siamo a tanto. Ma dal punto di vista degli effetti politici quello mediatico è equivalente. E se lo si lascia tracimare prepara il terreno per lo squadrismo tout court. In passato, amici con cui ho sollevato questo tema hanno avanzato una variante dell’argomento del “male minore”: se i conduttori delle rare trasmissioni ancora di giornalismo, anziché di regime, si azzardassero a impedire le interruzioni-bavaglio dei Berlusconi-boys, anche le ultime “riserve wwf” del giornalismo-giornalismo televisivo verrebbero immediatamente chiuse. Questo argomento (come del resto tutta la tastiera del “male minore”) non mi ha mai convinto. La volontà del regime, di chiudere ogni spazio che non sia prono al capovolgimento orwelliano della realtà, è conclamata. Ad arginarla sono solo le pressioni dell’opinione pubblica (oltre alle sentenze della magistratura). Non cedimenti corrivi ai rissosi del wrestling propagandistico e altri energumeni del “meno male che Silvio c’è!”. Anzi, un po’ di “immaginazione democratica” potrebbe tentare una meritoria operazione “ex malo bonum”, di fronte al tentativo della Commissione parlamentare di vigilanza di ostracizzare durante il periodo elettorale le poche trasmissioni non ancora minzolinizzate. L’on. Marco Beltrandi, radicale, relatore sulla misura in questione, ad una mia precisa domanda risponde via mail (scripta manent): “sicuramente le trasmissioni di approfondimento se scegliessero di non ospitare politici potrebbero andare in onda senza problemi”. Perché non approfittarne? Perché anzi non rendere stabile una situazione che oggi potrebbe essere assunta per dribblare un diktat censorio? I politici, infatti, dovrebbero parlare con il loro agire, non con gli effetti annuncio delle chiacchiere televisive, smentite da chiacchiere altrettanto “solenni” del giorno dopo. Del resto, le “trasmissioni di approfondimento” si differenziano da quelle di “comunicazione politica”, secondo la classificazione ufficiale della Commissione di vigilanza, proprio per l’assenza dei politici. Ecco, trasmissioni di approfondimento, cioè discussioni di politica senza politici, e senza bavagli da interruzioni squadriste: sono certo che anche l’Auditel salirebbe.

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