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Verdini: "Fine di una persecuzione giudiziaria" "Anche i muri sapevano ciò che oggi ha sancito la Corte di Cassazione. Solo la protervia dei giudici milanesi, che colpendo Mills intendevano colpire Berlusconi, ha fatto sì che il processo contro l’avvocato inglese venisse trascinato per mesi attraverso continui strattonamenti al codice". È Denis Verdini ad affermarlo in una nota. "È questo - prosegue il coordinatore Pdl - il prezzo che si deve pagare, anche a danno del contribuente, per l’incredibile persecuzione giudiziaria di cui è fatto oggetto il presidente del Consiglio. Per fortuna esiste una maggioranza silenziosa e autorevole della magistratura non militante - conclude - che applica il diritto e non lo altera solo per sovvertire la volontà degli italiani".
La Russa "Bisogna prendere atto che ci sono elementi contro Mills, ma anche che si voleva tenere in vita un processo che era morto evidentemente per altri fini". Così il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, commenta la sentenza della Cassazione sul ricorso dell’avvocato inglese. "Voglio fare un commento più da avvocato che da politico. Solo una valutazione fortemente apodittica - dichiara - poteva consentire già nei precedenti gradi di giudizio che il reato non venisse prescritto. La Cassazione non poteva che prescrivere".
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La ricostruzione dei fatti Il momento in cui si consumò il reato fu infatti, per i giudici milanesi, il 29 febbraio 2000, quando il legale inglese, ritenuto l'ideatore del sistema di società off shore della Finivest entrò nella disponibilità della somma che, secondo l'accusa, gli sarebbe stata promessa nel 1999. Il difensore di Mills, Federico Cecconi, ha sempre sostenuto l'estraneità del suo assistito alle accuse. Di quei 600mila dollari, per Cecconi, che si è avvalso di svariate consulenza, non vi è traccia nel processo. Mancano inoltre, la qualità di pubblico ufficiale in cui avrebbe reso quelle dichiarazioni, la prova di un accordo corruttivo e la prova che sia stata resa una falsa testimonianza per favorire Silvio Berlusconi.
Il processo a Berlusconi Per il Cavaliere il processo ricomincerà il 27 gennaio ed è ancora in primo grado per via della sospensione dovuta al Lodo Alfano, poi dichiarato parzialmente incostituzionale dalla Consulta. Il dibattimento è ancora alla fasi iniziali. Nella scorsa udienza, a gennaio, gli avvocati di Berlusconi, Niccolò Ghedini e Piero Longo, non hanno prestato il consenso all'utilizzabilità degli atti formatisi nel processo a Mills prima dello stralcio della posizione del premier in conseguenza del Lodo Alfano. I giudici li avevano invece ritenuti validi ma con la riserva di valutare la loro utilizzabilità di volta in volta. Poi avevano disposto un rinvio, in attesa, appunto, del verdetto della Cassazione per il coimputato del premier David Mills. Il fatto che i giudici della Cassazione abbiano ritenuto configurabile il delitto di corruzione in atti giudiziari susseguente, fa sì che per Berlusconi la prescrizione non sia ancora maturata, proprio perchè i termini di questa erano stati sospesi durante l’interruzione del processo per effetto del Lodo. Certo, appare difficile che il processo al premier possa svolgersi in tutte e tre i gradi di giudizio senza cadere in prescrizione, proprio perchè questa maturerà fra11 mesi.
Dal Fatto invece si leggono i fatti.
Adesso lo dice anche la Corte di Cassazione. Davvero il testimone inglese David Mills è stato corrotto dal premier, Silvio Berlusconi, per mentire in tribunale. Per questo Mills dovrà versare 250.000 euro allo Stato e non andrà in prigione solo perché la prescrizione (abbreviata da una legge approvata dal centrodestra nel 2005) ha cancellato il suo reato. La sentenza potrebbe avere effetti imprevedibili sul processo in corso a Milano, dopo lo stop dovuto al Lodo Alfano, contro il solo Berlusconi. Il dibattimento rischia infatti di diventare brevissimo. I giudici potrebbero far proprio il contenuto del verdetto definitivo sulla corruzione giudiziaria di Mills (che ha valore di prova) e chiudere tutto, o almeno il primo grado, entro il prossimo gennaio 2011, il mese in cui la prescrizione scatterà anche per il Cavaliere. Un esito paradossale che spiega bene l’ondata d’insulti rivolti in ottobre contro la Corte costituzionale, da quasi tutto il centrodestra, quando il Lodo fu bocciato. Ieri, il presidente della Consulta, Francesco Amirante, ha definito quelle contumelie una “bizzarria” di una classe politica che finge di meravigliarsi se i giudici della Corte fanno il loro lavoro e dichiarano illegittime norme in contrasto con i principi fondanti della Repubblica. Per Amirante si tratta di un gioco pericoloso. Perché “quando si delegittima un’istituzione, a lungo andare si delegittima lo stesso concetto di istituzione e, privo di istituzioni rispettate, un popolo può anche trasformarsi in una massa amorfa”. Tutto vero. Anche se in Italia la situazione è ancora peggiore. Le istituzioni qui da noi si delegittimano da sole. Prendete, ad esempio, il Senato. Due anni fa i magistrati scoprono che Nicola Di Girolamo, il parlamentare Pdl oggi accusato di essere un uomo della 'Ndrangheta, è un abusivo. Per farsi eleggere all’estero aveva falsificato il suo certificato di residenza. Bè, cosa fanno i suoi (momentanei) colleghi? Dicono di no al suo arresto. E poi, sebbene le prove della truffa elettorale siano documentali, non lo fanno nemmeno decadere. Tutto viene rimandato all’eventuale sentenza definitiva. Poi arriva la seconda richiesta di manette, spuntano le sue foto abbracciato a un boss, e il presidente del Senato, Renato Schifani, ha una trovata: non pronunciamoci sull’ordinanza di custodia, dice, ma limitiamoci a togliere a Di Girolamo la poltrona abusivamente occupata a Palazzo Madama. Il tutto con due anni di ritardo, mentre il disgusto per la Casta cresce e le istituzioni si trascinano da sole nel fango.
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