da http://www.uniriot.org/
Un grande benvenuto a tutte e a tutti a Sapienza in Onda.
Abbiamo attraversato settimane straordinarie, settimane in cui le mobilitazioni contro la legge 133 e la riforma Gelmini della scuola sono via via cresciute, si sono moltiplicate, sono diventate contagiose e inarrestabili. Componendosi giorno dopo giorno, piccole gocce di dissenso e di conflitto hanno dato vita a
un'onda meravigliosa, potentissima, che ha scosso le radici più profonde di questo paese. Un'onda meravigliosa e seducente che molti hanno tentato senza successo di cavalcare, di imbrigliare, di rappresentare. Questo movimento, invece ha espresso tutta la sua irrapresentabilità –lo abbiamo detto spesso – nelle piazze e nelle assemblee, perché irrappresentabili sono i nostri
desideri, la nostra voglia di decidere, di costruire, a partire da noi, il nostro presente e di immaginare un altro futuro. Viviamo in un paese che ci definisce bamboccioni, mammoni, dove ogni possibilità di un progetto di vita ci è preclusa , dove tutto è bloccato, dall'accesso alla cultura e al sapere,
dall'accesso al reddito al diritto alla mobilità, un paese che ci vorrebbe uniformare, renderci docili e obbedienti. Un paese a democrazia bloccata, dove decisioni importanti, come quelle che riguardano il futuro dell’università vengono approvate a colpi di fiducia in pochi minuti da un Parlamento che non
discute; dove chi esprime il suo dissenso viene troppo spesso etichettato come facinoroso, teppista, violento. Ma noi siamo l'onda che è diventata marea ingovernabile, che travolge qualunque ostacolo gli si pari di fronte, che non ha paura e che, con la forza della propria gioia, sta lentamente trasformando
tutto ciò che incontra., riversandosi nelle strade delle metropoli. Venerdì scorso ci siamo ritrovati in trecentomila qui a Roma, in una grande manifestazione nazionale, che grazie alla propria potenza è riuscita per l'ennesima volta a oltrepassare i limiti che gli erano stati imposti, arrivando
ad assediare Montecitorio, bloccando l'intera città per più di nove ore. Una manifestazione selvaggia, composta da studenti, precari, ricercatori, che nelle differenze sono riusciti a produrre un evento memorabile. Proprio la nostra capacità di cooperazione a partire dalle differenze è stata in queste settimane
la grande forza di questo movimento, che ritrovatosi in due giorni di assemblea qui alla Sapienza ha saputo comporre un quadro di analisi e rilanciare il progetto dell'autoriforma. Un’autoriforma che per noi non rappresenta un punto di arrivo o una piattaforma immutabile, ma solo l’inizio di un processo di
trasformazione reale dell'università, che riesce continuamente a rinnovarsi, ad implementarsi, a cambiare forma, con la dinamicità che è tipica delle onde. L'autoriforma è allora il processo costituente di un'altra università, costruita dal basso, a partire dall’eccezionale esperienza di democrazia
diretta che stiamo sperimentando in questo movimento. Un processo aperto, si è detto, che è in grado di ridefinire l'organizzazione della didattica, che è capace di rivendicare nuove forme di welfare e di mettere in crisi i processi di sfruttamento e di governance dentro l'università. Ringraziamo tutti quelli
che hanno deciso di essere qui con noi stasera, tutti quelli che hanno deciso di attraversare questo momento, tutti gli artisti che stasera staranno con noi, dalla nostra parte. Ringraziamo tutti quelli che stanno dando vita a questa festa… che come tutte le feste è un momento giocoso, di divertimento, di gioia
contagiosa, che riesce, allo stesso tempo, ad esprimere dei motivi molto più seri, molto più profondi e radicali. Infatti, quello a cui stiamo dando vita stasera non è solo un grande evento artistico-musicale, ma anche un'occasione per stare assieme, riflettere su ciò che stiamo vivendo, in quel modo particolare
che ci ha permesso fino ad adesso di costruire questo movimento.
In questi giorni, infatti, questa protesta si è data e si è potuta esprimere solo attraverso a quel particolare modo di stare insieme, che abbiamo inventato, giorno dopo giorno. E allora forse possiamo dire che la qualità di questo movimento sono anche le forme di affezione che stiamo esprimendo:
la gioia, la vitalità, una nuova forma di intessere delle relazioni, dei rapporti…lontano dalla paura che governa il discorso della politica ufficiale, lontane dall’angoscia per l’imprevisto. Noi siamo pronti a tutto!!
Lo siamo perché tutti i giorni produciamo novità, con il coraggio tipico, con la forza caratteristica di chi è disposto a mettersi in discussione, di mettersi in gioco, di assumersi un rischio…E lo fa con una
capacità in più… quella di stare, sempre, tutti insieme… con il desiderio inestinguibile di voler produrre il comune!
un'onda meravigliosa, potentissima, che ha scosso le radici più profonde di questo paese. Un'onda meravigliosa e seducente che molti hanno tentato senza successo di cavalcare, di imbrigliare, di rappresentare. Questo movimento, invece ha espresso tutta la sua irrapresentabilità –lo abbiamo detto spesso – nelle piazze e nelle assemblee, perché irrappresentabili sono i nostri
desideri, la nostra voglia di decidere, di costruire, a partire da noi, il nostro presente e di immaginare un altro futuro. Viviamo in un paese che ci definisce bamboccioni, mammoni, dove ogni possibilità di un progetto di vita ci è preclusa , dove tutto è bloccato, dall'accesso alla cultura e al sapere,
dall'accesso al reddito al diritto alla mobilità, un paese che ci vorrebbe uniformare, renderci docili e obbedienti. Un paese a democrazia bloccata, dove decisioni importanti, come quelle che riguardano il futuro dell’università vengono approvate a colpi di fiducia in pochi minuti da un Parlamento che non
discute; dove chi esprime il suo dissenso viene troppo spesso etichettato come facinoroso, teppista, violento. Ma noi siamo l'onda che è diventata marea ingovernabile, che travolge qualunque ostacolo gli si pari di fronte, che non ha paura e che, con la forza della propria gioia, sta lentamente trasformando
tutto ciò che incontra., riversandosi nelle strade delle metropoli. Venerdì scorso ci siamo ritrovati in trecentomila qui a Roma, in una grande manifestazione nazionale, che grazie alla propria potenza è riuscita per l'ennesima volta a oltrepassare i limiti che gli erano stati imposti, arrivando
ad assediare Montecitorio, bloccando l'intera città per più di nove ore. Una manifestazione selvaggia, composta da studenti, precari, ricercatori, che nelle differenze sono riusciti a produrre un evento memorabile. Proprio la nostra capacità di cooperazione a partire dalle differenze è stata in queste settimane
la grande forza di questo movimento, che ritrovatosi in due giorni di assemblea qui alla Sapienza ha saputo comporre un quadro di analisi e rilanciare il progetto dell'autoriforma. Un’autoriforma che per noi non rappresenta un punto di arrivo o una piattaforma immutabile, ma solo l’inizio di un processo di
trasformazione reale dell'università, che riesce continuamente a rinnovarsi, ad implementarsi, a cambiare forma, con la dinamicità che è tipica delle onde. L'autoriforma è allora il processo costituente di un'altra università, costruita dal basso, a partire dall’eccezionale esperienza di democrazia
diretta che stiamo sperimentando in questo movimento. Un processo aperto, si è detto, che è in grado di ridefinire l'organizzazione della didattica, che è capace di rivendicare nuove forme di welfare e di mettere in crisi i processi di sfruttamento e di governance dentro l'università. Ringraziamo tutti quelli
che hanno deciso di essere qui con noi stasera, tutti quelli che hanno deciso di attraversare questo momento, tutti gli artisti che stasera staranno con noi, dalla nostra parte. Ringraziamo tutti quelli che stanno dando vita a questa festa… che come tutte le feste è un momento giocoso, di divertimento, di gioia
contagiosa, che riesce, allo stesso tempo, ad esprimere dei motivi molto più seri, molto più profondi e radicali. Infatti, quello a cui stiamo dando vita stasera non è solo un grande evento artistico-musicale, ma anche un'occasione per stare assieme, riflettere su ciò che stiamo vivendo, in quel modo particolare
che ci ha permesso fino ad adesso di costruire questo movimento.
In questi giorni, infatti, questa protesta si è data e si è potuta esprimere solo attraverso a quel particolare modo di stare insieme, che abbiamo inventato, giorno dopo giorno. E allora forse possiamo dire che la qualità di questo movimento sono anche le forme di affezione che stiamo esprimendo:
la gioia, la vitalità, una nuova forma di intessere delle relazioni, dei rapporti…lontano dalla paura che governa il discorso della politica ufficiale, lontane dall’angoscia per l’imprevisto. Noi siamo pronti a tutto!!
Lo siamo perché tutti i giorni produciamo novità, con il coraggio tipico, con la forza caratteristica di chi è disposto a mettersi in discussione, di mettersi in gioco, di assumersi un rischio…E lo fa con una
capacità in più… quella di stare, sempre, tutti insieme… con il desiderio inestinguibile di voler produrre il comune!
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