Radiografia dell’Onda
Abbiamo chiesto a studenti (medi e universitari), dottorandi, ricercatori che si riconoscono nell'Onda di rispondere ad un questionario per poter aprire un dibattito all'interno del movimento su alcuni temi chiave: le strategie di lotta, l'autoriforma dell'università, le prospettive politiche del movimento.
Tutti gli studenti e i ricercatori che stanno partecipando in queste settimane alle mobilitazioni sono invitati a rispondere (potete scaricare il questionario qui e inviarlo a redazione@micromega.net) e a prendere parte così al dibattito. Le risposte sono a titolo individuale e vanno indicati nome, cognome, ruolo (studente/ricercatore ecc), scuola/università, eventuale collettivo/organizzazione di cui si fa parte.
Risponde Michele Costa, studente di Matematica, università La Sapienza di Roma
1) Una delle accuse che vengono rivolte dai sostenitori della “riforma” Gelmini (ammesso che di riforma si possa parlare) al movimento di protesta è quella di rappresentare interessi corporativi ed esprimere istanze conservatrici.
E’ una critica fondata secondo te? Se si/no perché? Qual è l’idea di scuola e di un’università che questo movimento esprime? Quali sono le direttici di riforma che – se pur confusamente, come non potrebbe essere diversamente visto il carattere multiforme e composito del movimento – questa protesta tende a delineare?
2) Al di là delle strumentali posizioni sostenute dal governo, è oggettivamente difficile difendere la scuola, ma soprattutto l’università, così come sono oggi. Quest’ultima è il regno della gerontocrazia, dell’immobilismo, del feudalesimo accademico, della totale mancanza di meritocrazia. Quali sono secondo te le linee su cui dovrebbe essere impostata una “riforma organica” del sistema formativo e della ricerca?
Quali provvedimenti concreti si potrebbero adottare per migliorare le cose? Es. diverse regole per i concorsi, per l’assegnazione dei fondi, revisione delle lauree 3+2 e del sistema dei crediti, commissioni internazionali per la ricerca, nuovo sistema per la definizione degli insegnamenti, ecc…
Su questi temi sarebbero auspicabili proposte dettagliate.
I primi due punti mi sembrano molto simili, quindi vi rispondo in un'unica battuta.
Accusare il movimento di difendere interessi corporativi è quanto di più fuorviante ci possa essere e fa parte della strategia del governo per delegittimarlo e svilirne il messaggio. Strategia che puntualmente fallisce, come provato dall'enorme consenso che il movimento riceve dalla società tutta.
Basta affacciarsi ad una qualsiasi assemblea studentesca per capire che l'università dei baroni, dei privilegi e degli "impicci" non è quella che difendiamo, anzi è proprio quella che combattiamo e che invece le misure governative favoriscono. Basti pensare alla questione del blocco del turn over: se le assunzioni di giovani ricercatori vengono limitate da 1 a 1 a 1 a 5 è chiaro che passeranno ancora di più, in percentuale, raccomandati e "figliocci" dei baroni vari; basti pensare al criterio con cui la Gelmini vorrebbe qualificare le "università virtuose": non quelle che creano ricerca e didattica di alta qualità, ma quelle che spendono di meno in stipendi per il personale; basti pensare al fatto che ci opponiamo alle fondazioni private, in primis, perchè queste rappresenterebbero una gestione degli atenei, e quindi del sapere pubblico, meno trasparente e piu clientelare di quanto non lo sia oggi.
L'idea di scuola e università che l'Onda propone si basa su tre direttrici: accessibilità a tutti e tutte, riqualificazione dell'offerta formativa pubblica come tutela per le classi medio-basse, autonomia e promozione della ricerca e della didattica qualificata come fonte di progresso per la società tutta. Per questo ci opponiamo ai gravissimi tagli e al disegno complessivo di dismissione dell'università e della scuola pubblica, perchè questi significheranno il progressivo abbattimento del diritto costituzionale alla formazione uguale per tutti e quindi il venir meno di una tutela sociale oggi quanto mai indispensabile. Accessibilità a tutti significa sostegno agli studenti a basso reddito attraverso forme di welfare adeguate; riqualificazione significa revisione complessiva del sistema dei crediti e del 3+2 che oggi è funzionale solo all'abbattimento del costo del lavoro; sostegno alla ricerca e alla didattica significa innanzitutto ridare centralità e dignità a figure lavorative come ricercatori e professori, eliminare la precarietà, non tagliare, ma invece portare i fondi per scuole università e ricerca almeno ai livelli europei. Infine l'Onda chiede una revisione dei processi di gestione e accesso al sistema formativo in senso di democrazia e trasparenza; questo da una parte tramite un coinvolgimento maggiore degli studenti e dei lavoratori di scuole e università nei processi decisionali, dall'altra tramite un processo di selezione (questo si basato sul merito) basato su concorsi pubblici e non sulla cooptazione per l'accesso alla ricerca.
Oggi il movimento studentesco delle università si prepara quindi ad un'assemblea nazionale, il 15 e 16 novembre, che declinerà le linee guida per una autoriforma dell'università, una riforma che nasce "dal basso", dalle esigenze degli studenti. Non a caso le nostre "proposte di riforma" nascono da ambiti assembleeari e democratici: perchè rivendichiamo con forza la partecipazione dei "reali soggetti" dell'università alle decisioni su di essa.
E' chiaro però che in questo momento una qualsiasi riforma dell'università e della scuola deve passare, in primis, dalla difesa del suo carattere pubblico e quindi dal rigetto totale delle leggi 133 e 137 e di tutti i disegni di legge che vorrebbero relegare la formazione di qualità a istitui semi-privati accessibili a pochi. E' anche chiaro che difendere il sistema di formazione pubblico significhi difendere quelli che oggi lo sostengono: ricercatori e professori. Quindi difenderne le tutele salariali e lavorative e combatterne la precarietà.
Per questo le nostre richieste partano da un assunto semplice: che ci diano più soldi. E poi parliamo di riforma.
3) Vista l’assoluta trasversalità di questo movimento, che riunisce praticamente tutte le figure del variegato sistema formativo italiano (studenti, insegnati, maestre, dottorandi, ricercatori precari, professori di ogni ordine e grado) è possibile che esso trovi la forza e la “maturità politica” per districarsi tra interessi che possono rivelarsi anche molto contrastanti tra loro se posti di fronte a proposte concrete di riforma? Ogni seria riforma – e per essere seria non può che porsi come obiettivo anche quello di rimescolare rapporti di forza consolidati da decenni – tende a toccare interessi molto concreti. Così come si è configurato questo movimento, può fare i conti con queste sfide? Ne è all’altezza? Quali interessi corporativi è disposto a colpire?
Penso di aver risposto in parte già nel punto precedente. La trasversalità del movimento ne costituisce, a mio parere, la forza maggiore. Questo perchè gli permette di uscire da un ambito puramente generazionale e ribellistico per entrare nel mondo della politica "reale". I movimenti degli studenti degli anni passati hanno puntualmente perso proprio perchè non sono riusciti a trasformarsi in movimenti generali, a coinvolgere nelle proprie istanze quei soggetti che naturalmente andrebberro coinvolti: se si difende la scuola e l'università pubblica questo è interesse di tutti, dalle famiglie agli insegnanti ai ricercatori. E' questo che da un connotato "di classe" a questo movimento e lo rende forte.
Va però considerato anche un altro fattore, che è giustamente quello della maturità politica. Il discredito di cui la politica gode e il disinteresse generale per il bene pubblico (generato da anni di incultura televisiva e berlusconismo rampante) hanno dato i loro frutti, oggi ci troviamo di fronte ad una situazione sostanzialmente prepolitica in cui è compito difficile ma necessario trovare quei denominatori minimi che permetto ad un movimento di uscire dagli interessi corporativi. Ma un mese di straordinaria mobilitazione ha scalfito questa situazione, in maniera forse profonda, stimolando l'autodeterminazione delle persone, stimolando pensiero critico e creazione di identità comune; un'identità che si va consolidando attorno a principi semplici: la difesa del bene pubblico contro gli interessi del privato, la difesa della cultura contro l'arroganza del potere, la promozione della qualità della formazione come garanzia sociale, la consapevolezza che ancora una volta questa destra reazionaria e neoliberista vuole scaricare i costi della crisi economica sulle classi popolari e sui loro diritti conquistati in passato.
Se queste idee continueranno a vincere credo che non avremo problemi a colpire duramente i privilegi e la corruzione nelle università e a chiedere una gestione degli atenei più trasparente, democratica e attenta ai bisogni degli studenti e alla qualità dell'insegnamento che agli interessi dei baroni. Non a caso la maggior parte dei rettori (tra cui il nostro pessimo Luigi Frati) dopo dichiarazioni da "barricaderos" stanno oggi in attesa di elemosinare qualche briciola dal governo e sono sostanzialmente d'accordo col passaggio alle fondazioni; con questi poteri abbiamo ben poco da spartire.
4) Il governo – scottato dal crollo dei consensi che la protesta universitaria ha provocato – sembra voler procedere con maggiore prudenza nella riforma dell’università. Dopo una prima fase di straordinaria mobilitazione, riuscirà il movimento a mantenere alta la tensione e il coinvolgimento delle persone? Quali sono gli obiettivi di medio termine che dovrebbe porsi? Come dovrebbe procedere la mobilitazione? Quali idee concrete possono essere messe in campo per proseguire la lotta?
Com'era prevedibile ad un momento di mobilitazione spontanea e straordinaria fa seguito il classico "riflusso" del movimento. Non va sottovalutato però il fatto che si è creata una rete intelligente e trasversale (dagli studenti ai ricercatori ai docenti) di collettivi e assemblee nelle scuole e nelle università, pronta e disposta a continuare la lotta e a ricoinvolgere grandi masse nei momenti cruciali della mobilitazione.
Un primo obiettivo di medio termine è l'assemblea nazionale delle università che si terrà il 15 e il 16 novembre alla Sapienza. In questo contesto saranno definiti da un lato la proposta di autoriforma dell'università, dall'altro la proposta e l'agenda politica del movimento. Contemporaneamente (il 15) a Firenze ci sarà l'assemblea nazionale delle scuole e contemporaneamente si preparano gli incontri nazionali del movimento degli insegnanti e dei ricercatori precari.
Credo che i passi fondamentali da fare in questo momento siano 2:
1- stabilizzare il "nucleo" della mobilitazione, cioè quella rete di attivismo militante che si è creata in questo mese. per fare questo va però formalizzata un proposta ed una linea guida politica e a questo serviranno le assemblee nazionali. Inoltre è chiaro che si dovrà lavorare per creare una rete nazionale il più possibile coordinata che stabilisca l'agenda politica e coordini il movimento.
2- mantenere alto il livello di informazione e comunicazione sia negli atenei e nelle scuole, sia col resto della società. Continuare a proporre assemblee e gruppi di riflessione, ma anche momenti di mobilitazione diffusa sono probabilmente le "armi" migliori che abbiamo. In questo senso si dovrà pensare ad una mobilitazione locale diffusa sul piano nazionale (cioè in tutte le città) sullo stile del 7 novembre, da fare per fine mese.
Per quanto riguarda il termine più lungo, invece il discorso si fa più complesso: un movimento straordinario come questo non può vincere (ce lo insegna la storia) se non si fa "movimento generale", se non trova un punto di contatto col mondo del lavoro e con la società civile. La progressiva dismissione dell'istruzione pubblica si inserisce infatti in un disegno ampio di restrizione della spesa pubblica (tramite privatizzazioni, liberalizzazioni e deregulation) e abbattimento delle tutele sociali (tramite l'attacco ai contratti collettivi di lavoro, l'attacco al diritto allo sciopero, l'introduzione di forme di precarietà sempre più feroci), che costituisce la risposta di queste destre e del capitale finanziario alla crisi economico-finanziaria. Il discorso è semplice: c'è la crisi finanziaria, che rischia di diventare crisi dell'economia reale, per questo il Governo pensa di "fare cassa" tagliando la spesa pubblica, privatizzando i servizi (scuola, sanità, acqua pubblica) e rendendo "più produttivo" il lavoro; cioè vuole scricare tutti i costi della crisi sui ceti medio-bassi. Dall'altra parte c'è la nostra risposta, che è quella degli studenti e delle scuole, ma anche quella del mondo del lavoro e di parte delle sinistre progressiste (prendiamo ad esempio Obama) e quindi di parte del capitale produttivo: sostegno ai consumi dei ceti bassi, aumento delle tutele sociali, miglioramento delle condizioni del lavoro, maggior benessere sociale per garantire la ripresa dei consumi. E soprattutto puntare sulla scuola e la ricerca come risorsa strategica per il paese per uscire democraticamente e pacificamente dalla crisi.
Per far vincere questa seconda proposta, però, c'è bisogno di forza e costanza e soprattutto di una mobilitazione di massa e (se posso permettermi) di classe. Per questo un obiettivo che il movimento già si pone è l'intervento e il sostegno nelle lotte dei lavoratori, dall'Alitalia allo sciopero della FIOM e del comparto pubblico del 12 dicembre; per questo il movimento chiede a gran voce a tutti i sindacati di indire lo Sciopero Generale.
5) Si è discusso molto sulla presunta “apoliticità” del movimento. E’ una lettura realistica e soddisfacente secondo te? Secondo te si tratta veramente di un movimento apolitico o forse è più che altro un movimento “apartitico”? Quali aspetti – se ve ne sono – ne determinano la “politicità”? Questo superamento delle tradizionali collocazioni – se c’è stato – ha aiutato il movimento a diffondersi o può essere una sua fonte di debolezza quando dalla protesta si passa alla proposta?
L'Onda non è un movimento apolitico, non lo è mai stato, sia perchè raccoglie al suo interno persone con precise identità politiche che vi interagiscono realmente creando senso e messaggio politico, sia perchè di per se esprime politicità.
L'Onda è politica perchè parla innanzi tutto di emancipazione sociale nei termini della difesa del diritto allo studio pubblico e uguale per tutti e, nel farlo, si oppone nettamente alle politiche neoliberiste delle destre al governo; inoltre parla di democrazia e partecipazione, perchè chiede e pratica la partecipazione democratica di massa alle decisioni su scuole e università; infine nasce da uno slogan semplice ma profondo: NOI LA CRISI NON LA PAGHIAMO!. Questo significa rivendicare il diritto di non pagare i costi di una crisi provocata dall'alta finanza e in sostanza dai padroni (pagarla in termini di privatizzazioni e restrizione delle tutele sociali), ma farla pagare ai diretti responsabili. E tutto questo, volenti o nolenti, appartiene alla cultura storica delle sinistre.
Non a caso chi tenta di sancirne l'apoliticità sono prima i fascisti (per giustificare il loro ingresso) poi il governo o quest'opposizione imbelle e incapace di opporsi concretamente alle politiche del governo, per depotenziare la proposta politica del movimento, per delegittimarlo e ridurlo a semplice. Solo loro che vogliono l'Onda apolitica, perchè ne vogliono abbassare i toni, far rientrare tutto nei termini di una revisione dei tagli e magari qualche misero incentivo alla ricerca, perchè non vogliono che l'Onda studentesca si avvicini ai lavoratori e ai settori sociali colpiti dalla crisi economica e dai soprusi delle destre. Perchè, credo, loro hanno paura, paura di pagare di tasca loro i costi della crisi. Rifiutare con decisione l'apoliticità del movimento e contemporaneamente difenderne l'autonomia sono quindi due passi essenziali per farlo vivere e per farne esprimere tutte le potenzialità.
E poi perchè dobbiamo lasciare il concetto di POLITICA solo ai partiti? Noi siamo la politica reale,siamo noi che realmente spostiamo consensi e assi politici nel paese, che produciamo senso e identità collettiva, che produciamo messaggi che vengono raccolti da tutta la nazione.
In realtà credo che non ci sia stato alcun superamento delle tradizionali collocazioni, semplicemente è la sinistra istituzionale di questo paese (e qui parliamo di tutta, anche di quella "radicale") a non saper più intercettare e rappresentare le ragioni e le lotte dei movimenti popolari, come di quelli dei lavoratori. Per questo il movimento non ammette rappresentanza da parte di chi effettivamente non ne rappresenta le posizioni, per questo il movimento è apartitico. Questo, a mio parere, non è necessariamente un bene (anzi è forse, in prospettiva, un elemento di debolezza organizzativa), ma è semplicemente la realtà dei fatti.
6) E’ condivisibile che si ricerchi un’intesa anche con organizzazioni studentesche esplicitamente di destra in nome dell’unità della protesta studentesca oppure no? La partecipazione di queste organizzazioni a manifestazioni pubbliche dovrebbe essere incoraggiata, tollerata, oppure concretamente osteggiata?
Partiamo sempre dalla realtà. Nessuno ha mai pensato, ne penserà, di chiedere "la tessera" a chi viene ai cortei. Studenti di destra e di sinistra, o anche che si defiscono apolitici, sono ovviamente ben accetti, perchè chiaramente la lotta è comune. Questo non può e non deve però giustificare in alcun modo la presenza di organizzazioni neofasciste all'interno delle nostre manifestazioni e della mobilitazione. I motivi non si collocano sul piano della sterile opposizione ideologica, ma sono qualcosa di molto più concreto. Prima di tutto la destra neofascista e le sue emanazioni (da Forza Nuova, all'area di Casapound e Blocco Studentesco, all'Area Identitaria, che peraltro sta anche al governo insieme al PdL...) non ha nulla da spartire, culturalmente e politicamente, con questo movimento: da una parte c'è chi parla di democrazia reale, di diritto allo studio, di difesa delle tutele sociali e del lavoro; dall'altra chi si propone anticultura, intolleranza, gerarchizzazione dei rapporti sociali, antidemocraticità, revisione della storia e pratica costantemente violenza e squadrismo nei quartieri delle nostre città. Chi da sempre è stato nemico dei movimenti popolari, chi nelle scuole e nei quartieri di Roma (ad esempio) propaganda odio e violenza verso gli immigrati, gli omosessuali o gli studenti (e i professori) "di sinistra" non può essere accettato nell'Onda, semplicemente perchè si pone fuori dai suoi orizzonti culturali e dai suoi obiettivi.
Ma c'è anche un secondo fattore. Da sempre fascisti e neofascisti tentano di entrare nei movimenti spontanei prima per depotenziarne la proposta politica e trarre visibilità per le proprie insignificanti organizzazioni, poi per portare destabilizzazione e violenza e permettere al governo di turno di bollare tutto il movimento come una banda di facinorosi. In questo senso le organizzazioni neofasciste si dimostrano asservite e funzionali alle destre di governo che in questo momento rappresentano i nostri avversari; questo è peraltro comprovato dalla sostanziale impunità di cui godono le loro azioni squadriste. I fatti di questi giorni, la vigliacca aggressione di Piazza Navona contro studenti 16enni e professori delle scuole (a cui ha fatto seguito la legittima reazione dei compagni arrivati DOPO L'AGGRESSIONE dalle università) mi sembrano essere una prova piuttosto palese di tutto questo.
E' chiaro quindi che la prima definizione d'identità politica dell'Onda sia l'antifascismo.